Quella dell’autoproclamato califfo Al-Baghdadi, delle sue milizie e dello stato islamico che su di esse si fonda è una realtà in rapida e per certi versi stupefacente espansione. L’IS in effetti è il più qualificato erede di al-Qaeda, ma è assai più temibile. Perché quest’ultima era un’organizzazione terroristica: e quindi de-territorializzata, chiusa, con obiettivi mirati, che aveva bisogno di personale specializzato, temeva le infiltrazioni, e in cui era difficile entrare. Mentre il califfato è una realtà territoriale, aperta, che richiama combattenti da tutto il mondo, che proclama di aver realizzato o stare realizzando la società ideale, in cui vige la shari’a, la legge di Dio (come dire il socialismo realizzato, ma con approvazione divina). Ed è questo elemento che sfugge a molti osservatori. Chi parte, dall’Indonesia o dalla Gran Bretagna per andare a combattere sotto le bandiere dell’IS, lo fa per un ideale, per quanto discutibile: come chi partiva nel ’36 per andare a combattere in Spagna nelle brigate internazionali, ad esempio. C’è quindi un elemento di fascino e di seduzione che sfugge a chi non si identifica in esso. Continua a leggere