Eid al-Adha e macellazione islamica. Qual è veramente il problema?
Puntuale come la festa islamica dell’Eid al-Adha, che commemora il sacrificio di Abramo, celebrata in questi giorni, arriva anche la polemica intorno a essa. Che consiste nella protesta contro lo sgozzamento di agnelli e montoni per celebrare l’occasione: altrettanto rituale del rito stesso.
Ora, possiamo capire che gli animalisti si lamentino: è pur sempre un sacrificio animale. E chi gli animali non li mangia è evidente che non sia d’accordo, ed è sacrosanto che possa manifestare la propria opinione: che non è solo legittima, ma esprime un punto di vista su cui c’è molto da riflettere, anche in termini di sostenibilità del pianeta e del nostro stile di vita. Il che implicherebbe protestare in egual misura sia nei confronti di chi gli animali li uccide e li mangia per motivi religiosi, sia di chi lo fa per il puro piacere del palato, o semplicemente per abitudine e idee diverse in materia.
È quando la protesta è per così dire selettiva, che insospettisce. Come accade sempre più spesso intorno alla festività islamica, detta anche Eid al-Kabir, la festa grande. In primis perché la macellazione halal è esattamente identica, sia nelle motivazioni che nell’aspetto tecnico (lo sgozzamento dell’animale previo taglio della carotide, e il conseguente progressivo dissanguamento) alla macellazione ebraica kosher. Infatti molti di coloro che protestano, quando lo scoprono, si ritirano in buon ordine: anche perché la macellazione kosher è legale da quando esistono gli ebrei, cioè da prima che esistessero i cristiani. Com’è che proteste di fronte ai macelli che lavorano per le comunità ebraiche non ce ne sono? Se invece il problema sono gli agnelli, ricordiamo sommessamente che, in occasione della Pasqua, cristiani e laici ne fanno una strage ben più cospicua ogni anno, con numeri imparagonabili. Infine, in passato, e un po’ di nascosto anche nel presente, l’uccisione per dissanguamento era pratica abitudinaria della civiltà contadina, in particolare per il maiale, animale invece considerato impuro per ebrei e musulmani.
Torniamo all’islam. La pratica è tradizionale e diffusa. Personalmente vi ho assistito in diversi paesi musulmani, e anche da noi. L’importante è che non avvenga in privato, senza rispettare elementari norme igieniche, come occasionalmente accaduto in passato. È per questo, peraltro, che le comunità islamiche, esattamente come quelle ebraiche, hanno siglato degli accordi con i macelli, a termini di legge e nel rigoroso rispetto di tutte le normative. Aggiungiamo, peraltro, che il cibo viene condiviso anche con i poveri e gli indigenti, nella misura di un terzo, essendo un tradizionale atto di elemosina e di condivisione, appunto. Ma proprio per questo è pratica oggi spesso sostituita dal conferimento dell’equivalente del costo dell’animale in opere di carità. Infine, se il problema è la sofferenza dell’animale, ricordiamo che ci sono molti studi e opinioni di veterinari che sostengono come l’animale soffra meno, mediante il dissanguamento. Il che non dovrebbe stupire, visto che – e non è ovviamente un suggerimento – quello per dissanguamento è il modo meno doloroso che conosciamo anche per suicidarci. In più, nel caso degli animali, viene accompagnato da una benedizione: un atto di rispetto a noi ignoto, che pure apprezziamo tra i nativi americani e altre popolazioni indigene.
Parliamo del problema vero, allora, se vogliamo porlo. Che è quello dell’industrializzazione della morte animale nella modernità. Che ha una storia lunga, tutta occidentale e non religiosa: la catena di montaggio non l’ha inventata Henry Ford per le automobili, ma lo Union Stock Yard, il macello di Chicago, da cui Ford prese ispirazione.
Il macello islamico. Indignati con chi e per cosa, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 8 giugno 2025, editoriale, pp. 1-5