La ricomposizione delle destre

In questo periodo l’attenzione degli osservatori si è concentrata soprattutto sui dissidi interni al Partito Democratico, e sull’attivismo riformatore del premier, che di questi dissidi è spesso origine e parte in causa, a partire dalla riforma del lavoro, il Jobs Act.
Molta meno attenzione si è prestata al campo avverso, il centrodestra, dove pure sono in corso processi di ricomposizione di enorme importanza, che stanno cambiando radicalmente il volto di quella parte politica.
Da un lato c’è un calo di attrazione, lento ma costante, dell’intenzione di voto a Forza Italia, e soprattutto di gradimento del suo leader: Berlusconi, dopo aver dominato una lunga stagione politica, è in consistente declino, e ormai largamente superato, in popolarità, da leader come Matteo Salvini della Lega Nord e Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia. C’è insomma uno scollamento tra elettorato e leadership: Forza Italia resta comunque il primo partito del centrodestra all’opposizione (con poco meno di un quinto dei consensi), ma il potere seduttivo di Berlusconi è ormai appannato; mentre continuano a salire le quotazioni personali di Giorgia Meloni (il cui partito però non supera il 2%) e soprattutto di Matteo Salvini (il cui partito è poco oltre l’8%), che si propone di fatto come l’anti-Renzi del centrodestra.
Un’ulteriore complicazione è data dal fatto che un pezzo del centrodestra è al governo con Renzi, ma ha un peso residuale sia come partito, l’NCD, sia come leadership, quella di Alfano. Mentre tutto il resto è all’opposizione. Le spinte verso un’unificazione almeno parziale sono tuttavia potenti, e agiscono in vari modi: da un lato spingendo NCD e Forza Italia a tornare all’origine, riunificandosi, per riproporsi poi alle prossime elezioni come polo alternativo a Renzi, dall’altro spingendo Forza Italia, di fatto, verso l’orbita governativa, come si è visto nel dialogo serrato sulle riforme. Tuttavia il costituirsi di una leadership effettiva intorno a Salvini prefigura la nascita di una duplice destra: quella, più moderata, di FI-NCD, con una leadership ancora da definire, ma che non sarà più Berlusconi, e quella, più radicale, di Lega e FDI, intorno alla leadership di Matteo Salvini. Ciò che mostra una ulteriore mutazione, quella della Lega, da partito regionale e federalista, a partito nazionale le cui parole d’ordine sono quelle della destra radicale, di successo, del Front National di Marine Le Pen: no all’immigrazione, no all’euro, difesa (a parole, almeno) dei lavoratori nazionali e dei pensionati. La ragion d’essere della Lega – il federalismo, la secessione, o almeno l’autonomismo – sparisce completamente dall’orizzonte politico, consentendo tuttavia alla Lega come partito di aumentare i consensi.
Mentre quindi il centrosinistra si avvia verso una sostanziale unificazione sotto la leadership di Renzi, mantenendo una dissidenza radicale alla sua sinistra, dentro e fuori il PD, il centrodestra si avvia a una ricomposizione in due tronconi: dove, grazie alla leadership di Salvini, il troncone più forte potrebbe essere quello radicale, anziché quello moderato (come si è visto nelle recenti manifestazioni organizzate con Casa Pound).  La sinistra, insomma, si fa più moderata, atteggiandosi a ‘partito della nazione’, come lo stesso Renzi ha lasciato intendere: mentre la destra, da area dei moderati, come l’aveva immaginata Berlusconi, si ridefinisce progressivamente come area radicale, in certa misura antisistema. Se la spinta all’unificazione includesse tutta l’area di centrodestra, intorno a Salvini, ciò prefigurerebbe una mutazione genetica del centrodestra, oltre che della Lega, in una direzione populista e radicale: aprendo tuttavia praterie di voto moderato al nuovo PD di Renzi, che a sua volta vivrebbe un’ulteriore mutazione, marginalizzando ad area meramente residuale la sua componente ex-comunista, che ne è stata fino ad ora l’asse portante, almeno sul piano organizzativo. Se invece, come per ora sembra più probabile, le due destre avessero un’evoluzione separata, con la sua componente maggioritaria nell’ala radicale, l’ala moderata diverrebbe di fatto disponibile ad accordi di governo: portando Forza Italia nell’area di governo, piuttosto che l’NCD all’opposizione.

Centrodestra, la mutazione in corso, in “Mattino” Padova, “Tribuna” Treviso, “Nuova” Venezia, “Corriere delle Alpi”, 24 ottobre 2014, p.1
Dissidi nel PD, ma a destra ci si separa, in “Il Tirreno”, 25 ottobre 2014, p.1
Centrodestra, la galassia si scompone, in “Messaggero veneto”, 29 ottobre, 2014, p.1