Atavica: è questo l’aggettivo che di solito si usa per qualificare la fame, in Veneto e nel Nordest. Una fame atavica, di lungo periodo, radicata nel profondo. La fame chi di lavora e non si risparmia, ma non ha abbastanza da mangiare, e dunque dalla fame non è risparmiato. La fame insoddisfatta, persistente, dolorosa, e che nello stesso tempo diventa ricerca non solo fisica, ma quasi metafisica, di soddisfazione. Quella che spinge a cercare non solo un buon pranzo, ma l’abbuffata, la cuccagna, il rovesciamento carnascialesco dell’ordine del mondo, quando si può. Perché, per il resto, si mangiava solo granoturco: polenta, cioè (anzi, poenta). Spesso senza nient’altro. E a causa di una dieta così povera la pellagra – che produceva le micidiali ‘tre D’: dermatite, diarrea e demenza – era diffusissima, e in Veneto mieterà vittime fino alla seconda guerra mondiale. Continua a leggere