Fleximan, un eroe improbabile
Fleximan è il nome improbabile – che fa pensare più a un idraulico o a un contorsionista da circo di periferia, che a un difensore del popolo, a un Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri – che è stato dato a chi (forse più di una sola persona) ha fatto saltare un po’ di autovelox in giro per il Veneto, diventando in breve una specie di amato vendicatore popolare, una leggenda minore del Nordest. Ora che si è capito chi incarna davvero questa figura (almeno per alcuni dei danneggiamenti avvenuti), si può fare qualche considerazione in più. Sul soggetto in questione, e sulle emozioni che oggi lo circondano.
Normale che possa fare simpatia. Perché è vero che gli autovelox vengono installati allo scopo fondamentale di fare cassa. È vero pure che talvolta vengono programmati a tavolino, in anticipo, gli obiettivi economici che la polizia locale deve raggiungere in termini di raccolta fondi attraverso le multe. È vero anche che spesso, proprio per questo, vengono installati sulle strade di maggiore percorrenza per gli automobilisti in transito: in modo da colpire, in proporzione, più le persone che non abitano nel territorio che incassa il balzello (anche se non è sempre così: il caso di Cadoneghe, dove pure sono stati fatti saltare gli autovelox, insegna), e non pagare quindi il prezzo elettorale della vessazione. Tutto vero, condannabile e ingiusto: anche perché le multe non sono un’imposta progressiva – ed essendo uguali per tutti, è al più povero, al meno abbiente, che fanno percentualmente più danno. Ma è anche vero che gli autovelox stessi, come forma di dissuasione, hanno o dovrebbero avere una funzione precipua differente: tutelare la salute e le vite umane, da chi guida sulle strade senza regole e a velocità eccessiva, nelle ore diurne e peggio ancora in quelle notturne, provocando una lunga teorie di sofferenze, di vittime della strada (che è anche scorretto definire così: sono vittime di automobilisti indisciplinati e irresponsabili – la strada è innocente…), di famiglie rovinate, di tragedie umane. E semmai ci sarebbe da ragionare seriamente su quella specie di culto un po’ provinciale e vetusto, da boom economico, dell’automobile come veicolo di libertà e sua manifestazione, possibilmente senza regole, che sia il limite di velocità o di tasso alcolemico, che ancora è così presente in certo Veneto profondo, incapace di uscire da questa in fondo primitiva e persino banale ostentazione del proprio ego.
Fleximan quindi (o, come si legge in molte pagine sui social, Fleximen, al plurale: manco scriverlo in inglese corretto…) non è un eroe. E se lo è, appartiene a quella vena un po’ picaresca, vagamente anarchica, che alberga nell’animo popolare veneto, spesso con venature di estrema destra più antropologiche che veramente ideologiche (anche se queste non mancano: il nostro è stato segretario di Forza Nuova e ama usare la parola ariano con manifesta convinzione…). Persino certe istanze autonomistiche sono declinate, in fondo, in questo modo: facciamo da noi, facciamoci giustizia – anche – da noi, a modo nostro. E forse c’è un filo rosso (o nero) che lega le imprese del Tanko, il mugugno senza capacità costruttiva contro l’autorità quale che sia (inclusa quella che sarebbe l’incarnazione della vicinanza al territorio, come l’ente locale), benissimo impersonato dal Pojana, il personaggio del piccolo imprenditore veneto sempre in polemica col mondo inventato dal comico Andrea Pennacchi, e appunto Fleximan, il supereroe in saòr, che produce anche qualche effetto emulativo.
Non stupisce quindi, ma un po’ amareggia, e un po’ anche addolora, che sia diventato in poche ore un simbolo, un idolo quasi, con i suoi supporter acritici e i suoi fan più sfegatati, una sorta di capopopolo provinciale – che non ha né la tragicità di un Masaniello né la dignità e l’arguzia di un Rugantino – da sostenere nella sua lotta contro lo stato (che poi siano i comuni, all’occhio superficiale non fa differenza), a cui si vogliono pagare le spese legali lanciando collette, e che molti invocano fin d’ora come candidato alle elezioni. Peccato che abbia perso l’occasione delle europee, dato che le liste sono già chiuse, e il posto di spicco del protestatarismo guascone, da uno contro tutti, gli sia stato soffiato da altri personaggi in qualche modo simili, magari con la divisa e le stellette – mentre ieri erano gli agitatori no vax e domani chissà. Avanti il prossimo…
Tutto fuorché un eroe, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 19 maggio 2024, editoriale, pp. 1-6