La scelta di Cloe: il ruolo della scuola e le scomposte reazioni delle istituzioni

La scelta di creare il caso c’era tutta, e la volontà di provocare in fondo anche, nella scelta dell’insegnante Luca Bianco di diventare, pubblicamente, Cloe: il cambio da un giorno all’altro dei vestiti, il look sopra le righe, la modalità non concordata, il momento scelto (durante l’anno scolastico anziché durante le vacanze, per iniziare direttamente in modo diverso). Continua a leggere

Natale, presepi e polemiche inutili

Puntuali, come ogni Natale, le speculazioni su come festeggiarlo nelle scuole si rinnovano: presepe sì, presepe no, canti sì, canti no, recita sì, recita no. Continua a leggere

L'islam in Italia, dopo Parigi

L’ISLAM IN ITALIA: l’INCHIESTA
I musulmani sono 1 milione e mezzo In mille «sotto osservazione»
Marocchini, egiziani, tunisini, bengalesi: per il 98% sunniti. Il nodo degli imam fai-da-te e le difficoltà dei moderati. Ma i combattenti tornati dalla Siria sono solo una decina
di Goffredo Buccini Continua a leggere

Zaia e le moschee. E' l'inizio di una svolta?

Il presidente della Regione Luca Zaia – con una intervista pubblicata sul Corriere – ha assunto nei confronti dell’islam che vive, abita, lavora e prega in Italia e in Veneto il ruolo istituzionale che gli è proprio. E’ una buona notizia, che va doverosamente sottolineata. Continua a leggere

Il senso della fatica e del lavoro

Fatica è parola antica, inscritta nel dna del Nordest, come in quello di tutte le culture rimaste a lungo contadine, e povere: che conoscono il sudore, la fame, e quanto le due cose siano legate, e come per levarsi la fame tocchi sudare, faticare appunto. Continua a leggere

L'islam veneto, dopo Parigi

Dopo Parigi, la domanda è nell’aria: può succedere anche in Veneto quello che è successo nella capitale francese? Continua a leggere

Insieme contro il terrore

Il messaggio delle stragi di Parigi è chiarissimo: l’obiettivo dei propagatori del terrore non sono più solo i nemici dell’islam (come potevano essere immaginati, astrattamente, i vignettisti di Charlie Hebdo), ma tutti quanti. Il terrorismo può colpire dove vuole, se vuole: un bistrot, un ristorante cambogiano, un concerto, una partita di calcio. E’ un terrorismo che colpisce alla cieca: perché l’obiettivo è precisamente questo – seminare un terrore irrazionale. Per spingere anche noi a una risposta emotiva, scendendo sul loro terreno. Continua a leggere

La politica di oggi e i simboli nazifascisti di ieri. L'insostenibile leggerezza di Giorgetti (e Zaia)

Detesto la retorica dell’antifascismo: pur ritrovandomi – per storia familiare – dalla parte dei vincitori di oggi e non di quelli di ieri. Merito di una madre finita nelle galere nazifasciste fino alla Liberazione e di uno zio aviatore e eroe di guerra, dopo l’8 settembre diventato comandante di un proprio gruppo partigiano, e infine capo di stato maggiore delle Brigate Garibaldi (per poi finire ucciso il 26 aprile del ’45: per la storiografia ufficiale, da una banda di fuggiaschi tedeschi; e per quella non ufficiale da un gruppo di partigiani comunisti – tanto per non farci mancare nulla, come contraddizioni politiche e storiografiche). Continua a leggere

Salvini e gli industriali: che cosa non va

Gli applausi degli industriali veneti a Renzi non sono ancora stati digeriti. Il leader della Lega, Salvini, accusa gli industriali di essere filogovernativi con chiunque: Berlusconi, Monti, oggi Renzi (e, in Veneto, Zaia). Come dire: vanno dove è il potere, corrivi. Senza capire che gli industriali sono filogovernativi perché hanno bisogno come l’aria di riforme, e le chiedono a chi le può fare, cioè i governi: e, soprattutto, sostengono chi le fa davvero. Tanto è vero che se i governi non fanno le riforme si rivolgono altrove. Continua a leggere

Le carte: imprenditori, burocrazia, mazzette

Le carte. L’incubo dell’imprenditore, dell’artigiano, del commerciante ma anche del cittadino qualsiasi. L’ossessione di chi lavora, e non riesce a capire che le carte siano un lavoro: visto che sono percepite – e spesso sono – un ostacolo al lavoro ‘vero’. Lavoro considerato improduttivo, a fronte di quello produttivo di chi finisce per mantenere anche chi ‘passa’ le carte, come si dice significativamente: di chi cioè nemmeno le produce – le fa solo viaggiare da un ufficio all’altro. Un’attività passiva che si è trasformata in passività attiva: e da mezzo ha finito per diventare, nell’immaginario diffuso, semplicemente problema. Continua a leggere