Legittima difesa: norme condivise, o meglio niente

La questione della legittima difesa è divisiva, e mette in campo modi profondamente diversi di concepire la vita sociale. Tanto è vero che – anche solo limitandoci alle democrazie liberali – troviamo posizioni agli antipodi. Da un lato quella statunitense, per la quale il diritto a possedere un’arma e a farsi giustizia da sé è profondamente radicato nella cultura condivisa (dalla sacralizzazione dell’arma insita nel motto “la Bibbia e il fucile” all’immaginario hollywoodiano – con la conseguenza che gli Stati Uniti sono il paese occidentale che vanta il non invidiabile record del maggior numero di morti per arma da fuoco); dall’altro quella, opposta, della democrazia inglese (quella che il liberalismo l’ha inventato e praticato più conseguentemente, e l’ha insegnato a tutto l’occidente), contrarissima a questa pratica e restia persino ad armare i poliziotti, gli amati bobbies di quartiere (solo il 4,4% dei poliziotti inglesi è armato). Continua a leggere

Votare in carcere. Per capire il senso della democrazia

Tra breve si vota. No, non alle amministrative, per le quali ci vuole ancora qualche settimana. E nemmeno per il referendum sull’autonomia, per il quale attenderemo l’autunno. C’è però chi andrà alle urne prima, a fine aprile: sono i detenuti del carcere Due Palazzi, che eleggeranno i loro rappresentanti (è il secondo caso in Italia, dopo Bollate, e il primo in Veneto). Continua a leggere

L'inutile – e controproducente – guerra contro le moschee

Il presidente Zaia, in un’intervista a questo giornale, afferma che, grazie alla legge anti-moschee della regione Veneto, che ha appena superato il vaglio della Consulta, “chi vuole la moschea deve trovare un luogo che abbia il beneplacito del Comune”. Quello che non dice, è che così facendo, un diritto fondamentale – la libertà di culto – viene messo in mano alla discrezionalità di sindaci che non l’hanno particolarmente a cuore. La seconda cosa che non dice è che il suo partito, inclusi molti primi cittadini, sta conducendo una campagna di lungo periodo contro le moschee: primo episodio, a Lodi, nel 2000 – prima ancora dell’attentato alle torri gemelle… Continua a leggere

Tra precarietà e flessibilità: i voucher come metafora

Precario significa temporaneo, incerto, provvisorio, come sa bene chi nella precarietà come condizione di vita ci si trova. Ma l’etimologia è ancora più interessante, perché la parola deriva da prece, cioè preghiera: come dire che una condizione precaria è per così dire nelle mani del buon Dio, senza garanzie terrene. Continua a leggere

Programma corso "Pluralismo sociale e conflitti culturali", a.a. 2017/18

Prerequisiti: Non sono richiesti particolari prerequisiti.
Una conoscenza di base dei fondamentali della sociologia costituisce un elemento facilitante per la comprensione del corso: che è tuttavia costruito in un’ottica interdisciplinare.
Conoscenze e abilita’ da acquisire: Obiettivo del corso è mettere in luce le interconnessioni tra fenomeni spesso analizzati separatamente, ma che insieme producono alcune delle più significative trasformazioni in atto nel paesaggio sociale e culturale dell’occidente.
I fenomeni presi in esame sono quelli della globalizzazione, delle migrazioni, e, in particolare, della progressiva pluralizzazione culturale delle nostre società. Nell’ambito di questo corso se ne studieranno i principali effetti, con particolare attenzione alla sfera della comunicazione tra culture.
Modalita’ di esame: L’esame è orale. Per i soli studenti frequentanti è possibile portare elaborati relativi alle esercitazioni consigliate, che verranno concordate con il docente in corso d’anno.
Criteri di valutazione: La valutazione sarà basata sulle conoscenze acquisite, e sulle capacità di ragionamento e collegamento di fenomeni diversi all’interno di un quadro interpretativo complesso, come delineato attraverso la lettura dei testi e durante le lezioni.
L’esame è orale, fatta salva la possibilità di portare anche i risultati delle esercitazioni concordate, per i soli studenti frequentanti: tali esercitazioni vanno fatte pervenire al docente almeno una settimana prima dell’appello in cui si intende sostenere l’esame.
Contenuti: Una prima parte introduttiva sarà costituita dall’analisi delle parole chiave che compongono il titolo del corso: società, cultura/e, pluralità e pluralismo, conflitto. E all’approfondimento dei modelli culturali di gestione dei conflitti.
Si passerà poi ad una analisi dettagliata delle migrazioni in Italia e delle loro conseguenze.
Il principale case-study di riferimento, in tema di conflitto tra culture – tra quelli più presenti come elemento di dibattito nella sfera pubblica – sarà quello della presenza dell’islam in Europa, che consente un approccio empirico particolarmente esplicativo di vari fenomeni di incontro tra culture, di trasformazione e di comunicazione culturale, ma anche di rifiuto, di incomprensione e di scontro. Esso sarà analizzato attraverso esempi di conflitto culturale e casi empirici, tratti dalla situazione europea e italiana.
La parte finale del corso sarà dedicata alla ricapitolazione di alcuni temi chiave dell’incontro tra culture, anche attraverso il confronto diacronico con altre società: e all’analisi di alcune modalità di risoluzione alternativa dei conflitti. Ciò consentirà una ridefinizione di alcune parole chiave cruciali per comprendere le trasformazioni culturali odierne, con qualche proposta operativa di diversa comprensione del rapporto tra culture e dei suoi effetti.
Questo permetterà di proporre alcune linee guida per uno sguardo contemporaneo sulla pluralità culturale e le sue conseguenze.
Attivita’ di apprendimento previste e metodologie di insegnamento: L’insegnamento è basato su lezioni frontali, con l’ausilio occasionale di supporti informatici, la possibile utilizzazione di interventi esterni, e la discussione in aula.
Eventuali indicazioni sui materiali di studio: Come riferimento manualistico, si utilizzerà il testo di Giovanni Cosi indicato di seguito:
– Giovanni Cosi, L’accordo e la decisione, UTET, 2017
Esso, in particolare, sarà testo di riferimento per gli studenti non frequentanti. Mentre nelle lezioni frontali si utilizzeranno anche altri apporti teorici e di analisi.
Una parte cospicua del corso è indirizzata all’analisi di casi concreti di conflitto che hanno a che fare con la questione dell’immigrazione, e in particolare con la presenza dell’islam in Europa. Per analizzarli, occorre portare un breve testo introduttivo al tema dell’immigrazione, e un testo di analisi di un conflitto culturale legato allo specifico dell’islam.
Testo obbligatorio sull’immigrazione:
– Stefano Allievi, Immigrazione. Cambiare tutto, Laterza, 2018
Testo obbligatorio di analisi di un conflitto culturale:
– Stefano Allievi, Il burkini come metafora. Conflitti simbolici sull’islam in Europa, Castelvecchi, 2017
Gli studenti frequentanti potranno poi elaborare l’analisi di un caso di conflitto relativo all’immigrazione o all’islam in Europa, e le relative riflessioni in merito, da concordarsi con il docente.
Gli studenti non frequentanti – e gli studenti frequentanti che non optano per lo svolgimento dell’esercitazione – dovranno portare obbligatoriamente anche un testo a scelta tra i seguenti:
– Stefano Allievi, Conversioni: verso un nuovo modo di credere? Europa, pluralismo, islam, Guida Editori, 2017
– Maria Bombardieri, Le donne dell’Isis, Guida Editori, 2018
– Francesco Cerchiaro, Amori e confini. Le coppie miste tra islam, educazione dei figli e vita quotidiana, Guida Editori, 2016
Testi di riferimento:
  • Cosi, Giovanni. L’accordo e la decisione. UTET, 2018
  • Allievi, Stefano, Immigrazione. Cambiare tutto, Laterza, 2018
  • Allievi, Stefano, Il burkini come metafora. Conflitti simbolici sull’islam in Europa. Roma: Castelvecchi, 2017.

Nel mondo dei qualsiasi – Presentazione

NEL MONDO DEI QUALSIASI
Attenzione, è una minaccia…
Martedì 18 aprile, alle 18, alla FELTRINELLI di Padova, presentiamo il mio libro
“Nel mondo dei qualsiasi”
(che, per chi sarebbe tentato di aspettarsi da me qualcosa d’altro, è un libro di poesie)
Qui i riferimenti del libro.
E qui la recensione di Isabella Panfido.
Non sarà un recital – anche se qualche poesia, inevitabilmente, la leggerò – ma una amichevole chiacchierata sullo scrivere e altre storie.
Ci saranno con me Romolo Bugaro, scrittore, e Francesco Jori, giornalista: se proprio vogliamo attaccare loro delle etichette. Che, poi, Bugaro sarebbe un avvocato, anche se scrive romanzi di successo. E Jori scrive libri di storia, anche se ha l’imperdonabile difetto di guadagnarsi da vivere scrivendo sui giornali. Del resto, anche il sottoscritto è più conosciuto per gli altri mestieri che svolge, che non per il dedicarsi – anche, molto – alla poesia…  A proposito: sono amici – e quindi credo che non infieriranno. Tutti e tre, comunque, in maniera diversa, ci dedichiamo alla scrittura, e di questo immagino si discuterà. Con chi vorrà farci compagnia.
Qui, comunque, il link all’evento. E, sì, mi farà piacere vedervi…
http://www.mannieditori.it/libro/nel-mondo-dei-qualsiasi
http://www.stefanoallievi.it/2017/01/nel-mondo-dei-qualsiasi-recensione/
https://www.lafeltrinelli.it/fcom/it/home/pages/puntivendita/eventi/Padova/2017/Aprile/Stefano-Allievi-20044.html

"Prima i veneti": le derive di un approccio sbagliato

Il Veneto (inteso come governo regionale), invece di occuparsi di rendere migliore la qualità della vita, del lavoro e delle istituzioni per chi ci vive, insiste in una campagna simbolica che ha il vantaggio di orientare l’attenzione dell’elettorato altrove, in una classica logica di capro espiatorio, riducendo al contempo i costi, senza migliorare di un pollice i servizi. Il tutto, grazie alla instancabile attività di un manipolo di consiglieri regionali di maggioranza, purtroppo supportati con condiscendenza dalla giunta regionale. Continua a leggere

Gli aspiranti terroristi di Rialto

Se ce l’avessero fatta, sarebbe stato il colpo globale dell’anno. E, per l’Italia, un tragico risveglio a una nuova consapevolezza. Per fortuna – e per la capacità d’inchiesta e prevenzione degli organismi preposti alla nostra sicurezza – il progetto di un attentato al Ponte di Rialto, con l’obiettivo di produrre centinaia di morti, è rimasto, per i suoi perpetratori, un sogno interrotto di paradiso; e, per noi, un incubo che non ci toccherà vivere. Continua a leggere

Il giudice antisistema: il caso Mascolo e la giustizia fai da te

Verrebbe da cavarsela con uno sconsolato: “solo in Italia…”. Ma la vicenda del giudice di Treviso Mascolo, che impauritosi per un incidente increscioso (un inseguimento da parte di un’auto che aveva superato “in modo brusco”, parole sue), sente il bisogno di dichiarare urbi et orbi che d’ora in poi girerà armato (senza porto d’armi: privilegio riservato ai soli magistrati), e che lo stato non protegge i cittadini, esce dalla commedia di varietà provincial-surreale per diventare specchio di vizi più profondi e più gravi. Continua a leggere

Lettera aperta ai sindaci di Bagnoli e Cona sui richiedenti asilo


Cari sindaci, avete ragione.
È da molto tempo che denunciate un problema reale. Oggi è indispensabile che sia la politica che la società vi ascoltino.
Vi conosciamo personalmente, sappiamo della vostra fatica e della vostra correttezza. La vostra vita è cambiata improvvisamente quando, nei vostri piccoli paesi, in costante calo demografico, che vi eravate attrezzati ad amministrare sapendo cosa avreste dovuto fare, vi siete ritrovati, da un giorno all’altro, un quarto o un terzo della popolazione in più, e tutt’altri problemi da affrontare.
Da voi, e solo da voi, a seguito di processi globali imprevedibili per tutti, e dell’egoismo politicamente interessato di molti vostri colleghi, che facevano irragionevoli barricate anche per due o dieci richiedenti asilo, rifiutando un’accoglienza diffusa tranquillamente gestibile per chiunque, vi siete ritrovati, anche per l’improvvisazione degli organi dello stato, a veder stipare in maniera indecente esseri umani che voi avete incontrato e conosciuto, e che rispettate, sul vostro territorio, in luoghi e in modi che non avrebbero potuto e dovuto contenerli: in situazioni affollate e disagevoli, per periodi troppo prolungati, senza alcun vero progetto su di loro.
Da subito vi siete attivati, cambiando le vostre priorità e la vostra vita. E da subito avete temuto che potesse succedere qualcosa che facesse precipitare la situazione. Date le condizioni, poteva andare anche molto peggio, ma quel qualcosa ora è successo e i nodi devono essere affrontati, senza ulteriori rinvii.
Avete ragione a chiedere a voce alta al Ministro dell’Interno la chiusura dei centri: così concepiti e gestiti, sono incivili per chi ci vive, potenzialmente problematici per chi ci vive intorno, improduttivi rispetto alle loro finalità. Alcuni centri più grandi possono essere necessari: ma come soluzioni effettivamente temporanee e di breve termine, governate in maniera diversa dagli enti che le gestiscono, con controlli stringenti della loro attività, e con i dovuti incentivi anche per le amministrazioni che li ospitano. Ma bisogna anche che i vostri colleghi sindaci e le popolazioni di altri paesi facciano la loro parte, attraverso un’accoglienza diffusa e coordinata, come avviene attraverso i progetti Sprar. E soprattutto con un minimo di comprensione dei processi in atto, che ancora non c’è. L’accenno che facevo all’inizio al calo demografico dei vostri paesi vale anche per la regione nel suo complesso e per il paese, così come le modificazioni nel mercato del lavoro che sempre più producono mobilità sia in entrata che in uscita, e ai livelli sia alti che bassi di istruzione e lavoro. E bisogna che la società ne abbia consapevolezza.
Dopodiché ci sono tutti gli snodi che sono di competenza nazionale, e che riguardano gli accordi con i paesi d’origine, il controllo dei flussi e degli sbarchi, le politiche di rimpatrio, ma anche le modalità di riconoscimento e la velocità delle pratiche relative, su cui il ministero si sta attivando, ma i cui ritardi accumulati sono innegabili.
Quello che è certo è che nessuno può più pensare che la politica di accoglienza si possa fare per imposizione dello stato, o nel totale disinteresse degli enti locali, e attraverso cooperative senza progetti e senza contatti con i comuni, che non hanno potestà di intervento: perché il risultato sarebbe quello che voi vi siete dovuti gestire. Non solo inaccettabile, ma totalmente disfunzionale. Il che, detto in altri termini, significa che occorre una collaborazione stretta tra questi soggetti: nessuno, a nessun livello (comunale, regionale, nazionale), può più permettersi di dire che non è problema suo; e tutti hanno diritto di parola e di intervento. Sarà più costosa e faticosa, ma è l’unica modalità che può produrre risultati efficaci. Le colpe di questa mancata collaborazione sono ampiamente distribuite a tutti i livelli politici e territoriali. È il momento di voltare pagina. Prima che sia troppo tardi.
Lettera ai sindaci. Le colpe sono di tutti, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 21 marzo 2017, editoriale, p. 1