La Regione Lombardia approva la legge anti-moschee

Quello che non poteva fare quando era ministro dell’interno (perché sapeva che era inaccettabile, inapplicabile e incostituzionale), Maroni l’ha fatto come presidente della regione più ricca e civile (autodefinizione media del lombardo medio) d’Italia. Continua a leggere

Il nerd che giocava al terrorista

L’apoteosi del nerd: un termine americano per definire quei primi della classe, smanettoni tecnologici o geniali in qualche oscura attività intellettuale, ma asociali, incapaci di relazione, timidi. Questo sembra di primo acchito, stando alle accuse, Furkan Semih Dundar, lo studente turco venticinquenne, vincitore di un dottorato in fisica (primo all’esame orale, terzo su 110 candidati) presso la selettiva Normale Superiore di Pisa, esperto di buchi neri e di astrofisica, ma che giocava a immaginarsi impavido guerriero e martire della causa islamica. Perché il tempo libero dalle sue attività di studio lo passava solo nella sua stanza, a contattare siti jihadisti e scrivere a questure e istituzioni e all’immancabile ambasciata americana, minacciando di farsi saltare in aria in un attentato. Continua a leggere

I frati e l'islam: perché ha senso un calendario interreligioso

Il Messaggero di Sant’Antonio, la più diffusa e internazionalizzata (conta edizioni in numerose lingue straniere) rivista cattolica al mondo, ha deciso di pubblicare un calendario con le feste religiose, includendovi anche quelle di alcune religioni non cristiane, tra cui l’islam. Continua a leggere

Ora che è finita…

Ora che è finita, possiamo cominciare qualche ragionamento su cosa ci ha insegnato, nella sua tragicità, la vicenda cominciata con la strage nella sede di Charlie Hebdo. Continua a leggere

Gli anticorpi per fermare il fanatismo

Si può morire anche di satira, se si prende in giro chi ha la vocazione e il modo di pensare del tiranno. Prendere in giro i potenti è sempre pericoloso: figurarsi l’onnipotente, quando ci sono delle persone che si arrogano il diritto di prenderne il posto, come se egli non fosse che un impotente bisognoso di aiuto. Perché questo hanno fatto gli assassini di Parigi: con un peccato di orgoglio che farebbe inorridire qualsiasi autentico credente, si sono messi al posto di Dio. E gridando “Allah è grande”, dicendo di avere “vendicato il Profeta”, hanno reso Dio piccolo piccolo (niente più che una scusa al loro servizio – un servo da utilizzare, invece che un altissimo da venerare), offendendo il Profeta Muhammad assai più dei vignettisti con cui se la sono presa. Continua a leggere

Morire di satira

Ancora oggi. Nel 2015. Nel cuore dell’Europa. Si può morire così: di satira. Come i buffoni di corte, quando il re si stancava di loro. Come chi fa dell’ironia nei confronti di tutti i regimi, quando questi decidono che è il momento: un comico si può facilmente trasformare in eretico, e un eretico in vittima sacrificale. Prendere in giro i potenti è sempre pericoloso: figurarsi l’onnipotente, quando ci sono delle persone che si arrogano il diritto di prenderne il posto, come se egli non fosse che un impotente bisognoso di aiuto. Continua a leggere

Morire di satira

Ancora oggi. Nel 2015. Nel cuore dell’Europa. Si può morire così: di satira. Come i buffoni di corte, quando il re si stancava di loro. Come chi fa dell’ironia nei confronti di tutti i regimi, quando questi decidono che è il momento: un comico si può facilmente trasformare in eretico, e un eretico in vittima sacrificale. Prendere in giro i potenti è sempre pericoloso: figurarsi l’onnipotente, quando ci sono delle persone che si arrogano il diritto di prenderne il posto, come se egli non fosse che un impotente bisognoso di aiuto.
Ci sarà anche stavolta – c’è già – chi farà qualche distinguo inaccettabile. Chi dirà: in fondo, se la sono cercata, hanno esagerato. No, non se la sono cercata, e non hanno esagerato i giornalisti di Charlie Hebdo. E i pezzi che hanno scritto, e le vignette che hanno pubblicato, non meritano e non giustificano 12 morti (il direttore, ma anche vignettisti, giornalisti e poliziotti di guardia – uno dei quali, vale la pena ricordarlo, si chiamava Ahmed, e serviva da poliziotto il suo paese), molti feriti, di cui alcuni gravi, e un colpo tremendo inferto alla libertà di parola e di opinione di tutti noi, non solo alla libertà di stampa.
Il direttore e gli altri tre vignettisti uccisi sono vittime sacrificali di un oltranzismo fanatico senza giustificazioni, che si è trasformato in questo caso in terrorismo. Gli assalitori, purtroppo per ora riusciti a fuggire, gridando “Allah è grande”, hanno detto di avere “vendicato il Profeta”. Non è così, naturalmente: il Profeta Muhammad l’hanno offeso loro, assai più dei giornalisti satirici in questione. E hanno reso Dio piccolo piccolo: niente più che una scusa al loro servizio – un servo da utilizzare, invece che un onnipotente da venerare.
Hanno anche detto di essere di al-Qaeda. E’ possibile invece che non siano affiliati veri e propri di nessuna organizzazione transnazionale, ma attentatori fai da te, autoctoni. Il che li rende ancora più pericolosi, e un segnale che qualcosa di serio e di grave sta accadendo. Il terrorismo globale ha le sue logiche, seppure perverse. Le gesta eclatanti dei cani sciolti fanatizzati sono qualcosa da cui è molto più difficile difendersi. Perché non ha ragioni comprensibili. E perché è più pervasivo, meno individuabile.
C’è da sperare che tutti capiscano la lezione. La satira, è vero, può essere pesante, talvolta volgare. Ma è il prezzo da pagare, in positivo, per una autentica libertà di critica, di espressione, di opinione: è come la frontiera esterna, che difende anche chi sta molto più all’interno, e si limita ad esprimere le proprie idee con aristocratico garbo. Se si opera un varco alla frontiera, a rischio sono le opinioni di tutti: musulmani inclusi, peraltro. Ed è quello che anche i musulmani in Europa devono comprendere. Dopo il caso Rushdie, l’assassinio del regista Theo van Gogh, la vicenda delle vignette danesi, le minacce allo stesso Charlie Hebdo, che non è la prima volta che finisce sotto il fuoco degli oltranzisti islamici (letteralmente: nel 2011 un incendio ne distrusse la redazione, dopo che pubblicò un’edizione ironicamente intitolata Charia Hebdo), la questione della libertà di espressione e di opinione è ineludibile. Per l’occidente, per l’Europa, è un valore di riferimento imprescindibile, una condizione della sua stessa esistenza come risultato storico di un processo di civilizzazione: non può essere fraintesa né negata senza lasciare spazio ai peggiori fantasmi. Nello stesso tempo, se per l’Europa è un valore universale, è anche vero che la sua violazione è individuale: e non può e non deve essere attribuita ai musulmani in quanto tali, a tutti meno ancora – in questo senso la mano libera all’islamofobia politica e culturale sarebbe un regalo fatto ai terroristi, che è proprio questa logica di scontro che vogliono imporre.
Suona amara e profetica, purtroppo, la vignetta pubblicata proprio da Charlie Hebdo nei giorni scorsi: “Ancora nessun attentato in Francia”, vi si leggeva, mentre un terrorista islamico rispondeva: “Aspettate. Abbiamo tempo fino a fine gennaio per farci gli auguri”. Ma noi preferiamo ricordare Stéphane Charbonnier, il direttore del giornale, assassinato nell’agguato, con le parole che ha rilasciato in un’intervista, quando già viveva sotto protezione, dopo aver ricevuto molte minacce di morte: «Non ho paura delle rappresaglie. Non ho figli, non ho una moglie, non ho un’auto, non ho debiti. Forse potrà suonare un po’ pomposo, ma preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio».
Allah come scusa, in Il Tirreno, 8 gennaio 2015, p.1

Il sindaco Bitonci e la polemica contro l'islam

Il sindaco Bitonci, in un’ampia intervista “natalizia” (ma per molti non è stato un bel regalo…), è intervenuto ancora una volta sul tema a lui prediletto del suo rapporto con l’islam: e forse vale la pena di sottolineare il ruolo del pronome possessivo, e non per un vezzo grammaticale, ma perché in quanto afferma vi è molto di personale e assai poco di oggettivo. Continua a leggere

Natale al plurale

Con l’approssimarsi del Natale ricompaiono, puntuali, le polemiche su come festeggiarlo o non festeggiarlo. Per i più non cambia nulla: ma alcuni, di fronte a una importante presenza di bambini, e in generale di popolazioni, di altra cultura e di altra religione, si pongono il problema se ciò possa eventualmente costituire una mancanza di rispetto, o un’offesa, per qualcuno. E, mentre c’è chi strumentalizza la questione per fini di propaganda, accusando inesistenti complotti anti-natalizi di questa o quella popolazione immigrata, c’è anche chi, in buona fede, si limita a porsi apertamente il problema. Continua a leggere

Sidney, Peshawar e altrove: vecchi e nuovi terrorismi

Non c’è correlazione: ma la coincidenza fa riflettere. Il massacro in Pakistan di oltre centoquaranta persone, in grande maggioranza ragazzi e bambini, per quanto orribile, è per così dire un fatto interno di cronaca locale: l’ennesimo episodio di una guerra senza fine tra bande di talebani indottrinati e sanguinari, e un esercito che un po’ li usa e un po’ li combatte senza andare troppo per il sottile. Una mostruosità, ma con legami relativamente modesti con l’evoluzione dell’islam globale. Continua a leggere