Ora che abbiamo visto. Profughi, migranti e mondo globale
Nessuno può dire di non avere visto. Le immagini al confine macedone e ungherese, con bambini, vecchi e disabili che seguono i binari o passano sotto al filo spinato che domani sarà un muro, si sommano a quelle dei morti sui barconi e le spiagge del Mediterraneo, agli asfissiati nei Tir in Austria, agli aggrappati agli scogli di Ventimiglia, agli assalti ai treni di Calais, ai morti nell’Eurotunnel, a quelli, persino, che hanno tentato di attraversare la Manica a nuoto, i cui cadaveri sono stati recuperati sulle coste norvegesi, portati dalle correnti. Ormai trovare un cadavere su una spiaggia, o su un terrapieno in una qualche landa ai confini dell’Europa, sta diventando una possibilità, a breve una probabilità, cui rischiamo di abituarci. E quelle immagini (su cui ragioniamo qui) hanno la stessa cruda nettezza di quelle dei campi di concentramento o delle vittime civili delle guerre. Possiamo fare ancora finta di non vedere? Possiamo continuare in un dibattito sterile su quanti migranti di qui e quanti profughi di là, su una caserma o un appartamento, in litigi estenuanti e vacui, senza occuparci davvero della questione? Continua a leggere