La protesta europea. E i suoi perché

Quel rumore sordo a cui dobbiamo abituarci, in “Il Piccolo Trieste”, 15 novembre 2012, p. 1 (anche La protesta e la possibile via d’uscita, in “Messaggero Veneto”, p.1, e Protesta con solide ragioni, in “Mattino Padova”, “Nuova Venezia”, “Tribuna Treviso”, “Corriere delle Alpi”, p.1)
Torna la mobilitazione. Torna la protesta. Torna la piazza. In vari paesi d’Europa, e con maggiore incisività in quella che sta pagando il prezzo più alto della crisi, l’Europa mediterranea. Ma non sono le masse. Non è il popolo. E non è la rivolta. Non da noi, almeno. Sono alcune categorie, alcuni sindacati, alcuni studenti. Ed è solo una manifestazione.
Questo, un po’, sorprende. Continua a leggere

Un messaggio positivo, e uno strano pantheon. Il dibattito tra i candidati alle primarie

Primarie in Tv. Sugli schermi sogni e radici, in “Mattino Padova”, 14 novembre 2012, p. 1 (anche “Tribuna Treviso”, “Nuova Venezia”, Corriere delle Alpi”)
Forse avremmo preferito un confronto più cattivo. Un po’ più all’americana. Più coraggioso e incisivo nei cazzotti all’avversario. Più esplicito ed efficace nelle proposte in positivo. Ma è andata. Il confronto televisivo dei candidati del centrosinistra alle primarie è stato comunque un passo avanti: un elemento di maturazione della politica. Continua a leggere

Bersani e Renzi, tra Grillo e UDC

Bersani, Renzi, e le mosse di UDC e Grillo, in “Il Mattino”, 9 novembre 2012, p.1 (anche “Nuova Venezia”, “Tribuna Treviso”, “Corriere delle Alpi”, e “Messaggero Veneto” Non a caso Grillo prende di mira Renzi)
Dall’affossamento della legge contro l’omofobia, al cambio in corsa sulla legge elettorale (entrambe votate insieme a PDL e Lega negli ultimi giorni), rischia di essere l’UDC il convitato di pietra delle primarie del centrosinistra. Perché il leader del PD, Bersani, con Casini ci vorrebbe costruire l’alleanza, e ci ha giocato il suo progetto politico, ricevendo in questo periodo uno schiaffo al giorno. Il suo principale rivale, Renzi, vorrebbe invece correre in proprio: allearsi con gli italiani, come sostiene.
La differenza tra la tradizionale politica delle alleanze di Bersani, e l’azzardo di Renzi, non potrebbe essere più netta. Anche perché guarda altrove, in realtà. A un’altra partita, e all’altro vero convitato di pietra, il più pesante elettoralmente: Grillo, e il possibile recupero dell’astensionismo e della protesta antipolitica. Continua a leggere

Grillo vs. Renzi

Il vero rivale di Grillo è il “rottamatore” Renzi, in “Il Piccolo”, 7 novembre 2011, p.1
Beppe Grillo è abituato ad attaccare la casta: tutta intera, senza distinzioni. Con Matteo Renzi, ultimamente, fa eccezione: lo attacca personalmente, direttamente. E c’è un motivo: che con la simpatia o antipatia c’entra poco, ma c’entra molto con l’interesse elettorale. Continua a leggere

La fine del ciclo berlusconiano

PDL, la fine di un ciclo. E il futuro è nebbia, in “Il Piccolo”, 26 ottobre 2012, p.1
Che ne sarà di Berlusconi e del PDL ora che il fondatore-patriarca si ritira? Intanto, lasciamoci il beneficio del dubbio: ne ha dette, contraddette e smentite talmente tante, di strategie – in particolare in questi ultimi mesi di incertezza, dall’avvento del governo tecnico ad oggi – che non è ancora detta la parola fine, anche se stavolta è più probabile di altre. In ogni caso, di Berlusconi è presto detto: se davvero si ritirerà dal ruolo di leader, avendo dovuto rinunciare ai sogni quirinalizi o ad altri incarichi di prestigio, cui pure ha aspirato a lungo e sperato fino a tempi recenti, ma che nessuno gli proporrà più, non resta che un posto da senatore, giusto per rimanere al riparo da qualche inchiesta di troppo, e un ruolo da padre nobile ritualmente omaggiato ma non più ascoltato.
Diverso il discorso per il PDL. La sua creatura politica, l’unione di Forza Italia e Alleanza Nazionale, è virtualmente morta, implosa negli scandali e nell’inconsistenza politica. I sondaggi, in proposito, sono impietosi. Continua a leggere

Elezioni? Vincono gli indecisi

L’esercito di indecisi e astenuti, in “Mattino Padova”, “Nuova Venezia”, “Tribuna Treviso”, “Corriere delle Alpi”, 21 ottobre 2012, p.1 (anche in “Piccolo Trieste”, 20 ottobre)
Votano, ma sempre meno e in maniera sempre più differenziata, e in qualche modo nuova, diversa. O non sanno più cosa votare: non sanno per chi e soprattutto perché. Sono gli italiani, come li fotografa l’ultimo sondaggio Swg sulle intenzioni di voto.
Il primo partito sono già oggi gli indecisi, quelli che non sanno più per chi votare: il 29%, quasi un terzo del corpo elettorale che non sa più dove guardare, dove ancorarsi, a chi dare fiducia. Che si aggiungono a un 18-20% di elettori che già oggi dichiarano invece che si asterranno. Delusi dai partiti della prima e della seconda repubblica, che stanno finendo il loro ciclo politico negli scandali che da nord a sud stanno facendo crollare giunte ad un ritmo forsennato, anche in roccaforti un tempo inattaccabili, come il Lazio e la Lombardia. Ma delusi anche dal governo tecnico, la cui popolarità è in costante calo, anche se riscuote tuttora più fiducia di qualsiasi partito: e oggi si attesta al 37%, perdendo due punti in una sola settimana (quella di una legge di stabilità per molti versi ulteriormente e incomprensibilmente punitiva).
Si tratta di una catastrofe del senso di coesione sociale, prima ancora che politica. Continua a leggere

La cultura dello scambio (e il mancato ricambio…)

La cultura dello scambio, in “Mattino Padova”, “Tribuna Treviso”, “Nuova Venezia”, “Corriere delle Alpi” (anche “Messaggero Veneto”, Il repulisti unica terapia per l’Italia, e “Piccolo Trieste”, 15 ottobre, p.1, Un reset delle facce contro gli scandali), 16 ottobre 2012, p. 1
L’impressionante serie di scandali che sta coinvolgendo, e a poco a poco travolgendo, le regioni italiane, da nord a sud, con equanime imparzialità, ci mostra quanto il comportamento dei ceti dirigenti italiani sia radicato in una solida cultura. E non si tratta solo di politica: deve ancora cominciare una pulizia vera negli enti, nell’associazionismo anche imprenditoriale, nelle camere di commercio, negli ordini professionali, nelle fondazioni bancarie, nella dirigenza della pubblica amministrazione, nelle municipalizzate, e via disboscando.
Di quale cultura si tratta? La cultura dello scambio, del favore, della raccomandazione, della protezione: un dato tradizionale dell’antropologia italica. Che però, almeno dagli anni ’80 a livello di massa, ma da molto prima a livello di élite, si è incrociata con la cultura dei soldi facili, della scorciatoia, della furbata, del vivere alle spalle degli altri, e in particolare del denaro pubblico e delle pubbliche istituzioni. Che ha finito per far assomigliare la politica e la pubblica amministrazione, ma anche molti altri ruoli associativi, né più né meno che allo spaccio di droga, al concorso o all’appalto truccato, alla corruzione: un modo rapido per fare soldi senza lavorare, per guadagnare senza impegnarsi. Come diceva Balzac: “Un uomo politico è un uomo che è entrato negli affari, o sta per entrarvi, o ne è uscito e vuole rientrarvi”. Laddove affari significa soltanto gli affari propri, naturalmente: anzi, i propri sporchi, loschi, lerci affari. E laddove uomo politico sarebbe categoria allargabile all’uomo pubblico in generale, delle associazioni e delle corporazioni, e non solo delle istituzioni. Continua a leggere

Il viale del tramonto di Berlusconi

Il viale del tramonto di Berlusconi, in “Mattino Padova”, “Tribuna Treviso”, “Corriere della Alpi”, 10 ottobre 2012, p.1
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Berlusconi si ritira. Probabilmente non correrà alle prossime elezioni, nel 2013. Così ha detto, stavolta di persona, senza lasciarlo accennare solo al suo luogotenente dimezzato, Alfano. Per salvare l’Italia: come quando, nel 1994, per lo stesso motivo, fece la scelta opposta, decise di scendere in campo, e vinse. Ma non è una notizia. La notizia è che ci stia ancora riflettendo.
Finisce un’epoca, non c’è dubbio. Durata quasi un trentennio: in cui, nel bene e nel male, la figura di Berlusconi ha caratterizzato un’intera stagione italiana. L’età berlusconiana, come la ricorderemo. Non a caso ‘berlusconiano’ è già oggi un aggettivo, che prima ancora che alla politica si applica a un modo di intendere la vita, il lavoro, la cultura, il denaro, il divertimento, i media, le donne, e molte altre cose.
Ma è una stagione già tramontata: affogata negli scandali, e definitivamente affossata dalla crisi. Oggi nessuno ha più voglia di scherzare, e di nascondere la realtà. E se ne vuole uscire. Chiudere con il passato. Tentare di ricostruire, sulle macerie, un futuro diverso. Continua a leggere

Primarie, pasticciaccio nel PD

in “Mattino Padova”, “Nuova Venezia”, “Messaggero Veneto”, “Corriere delle Alpi”, 5 ottobre 2012, p.1
Il Partito Democratico sta per discutere delle regole delle primarie. Tardi: con la concreta possibilità di produrre regole non condivise quando ormai la partita è in corso. Il rischio di rissa tra tifoserie contrapposte è alto. Ed è un peccato. Perché si poteva fare altrimenti. Chi voleva le primarie, le regole le chiede dalla scorsa primavera: da prima che ci fossero le candidature. Come sarebbe stato giusto: non si inizia un campionato prima di conoscerne le regole del gioco. Ma le voci della ragionevolezza non sono state ascoltate. E così si arriva al pasticcio di oggi. Che ha molte ragioni. Continua a leggere

Il Monti bis sarebbe un errore

Il monti bis sarebbe un errore, 2 ottobre 2012, p.1 (“Mattino Padova”, “Nuova Venezia”, “Tribuna Treviso”, “Corriere della Alpi”)
Il governo tecnico è stata una necessità: non può diventare un destino. Per questo la scelta di Monti di offrire, con la vetrina di una platea internazionale, la propria disponibilità a rimanere al governo anche dopo le elezioni, è stata un errore grave: che rischia, come già sta accadendo, di appiattire il dibattito politico sul “Monti sì, Monti no”. Mentre il problema vero, se vogliamo rimanere una democrazia, è: come uscire dall’eccezionalità necessaria.
Necessaria: quando questa parentesi sarà finita, il paese ricorderà Monti come un salvatore della patria, come una di quelle ‘riserve della Repubblica’ che sono state così preziose nella storia italiana, prestando i propri civil servants migliori alla politica.
Ma nondimeno eccezione: che non può diventare la norma. In democrazia i governi hanno un mandato popolare: si eleggono, quale che sia il sistema attraverso cui lo si fa. Ipotizzare, già oggi, che le prossime elezioni siano di fatto irrilevanti, e che si debba poi nominare una persona che non è passata per il vaglio elettorale, vuol dire condannare la democrazia italiana alla morte per inedia (perché Monti non ha alcuna intenzione di presentarsi alle elezioni; lo facesse, le cose sarebbero diverse, e sarebbe costretto a cercarsi il consenso, come tutti). Incidentalmente, significa anche far esplodere ulteriormente l’astensionismo, con pericolosi riflessi sulla sostanza della democrazia: perché votare, se tanto dovrà governare un tecnico? E, infine, sarebbe un devastante disincentivo all’autoriforma della politica: perché cambiare politica, modo di farla, regole e facce, se tanto si da poi una delega in bianco al tecnico di turno, e ci si accontenta di lasciarlo governare, continuando a farsi gli affari propri? Continua a leggere