Senza distinzioni di genere

Senza distinzioni di genere

7 Maggio 2019

di Stefano Allievi. Professore di Sociologia presso l’Università degli studi di Padova.

A parte le ovvie differenze biologiche, nel mondo di oggi persistono distinzioni di genere, che riguardano diritti e doveri di maschi e femmine. Ma come sarebbe il mondo se… Continua a leggere

Primo maggio: ieri e oggi. Domani?

Le manifestazioni del Primo Maggio ho cominciato a frequentarle da studente: erano un atto politico tra tanti, per chi si sentiva più o meno impegnato. Nella prima metà degli anni ’80 – e per quasi una decina d’anni – sono diventate anche parte del mio lavoro: facevo, allora, l’operatore sindacale a Milano, e contribuivo alla loro organizzazione. Era ancora un’epoca di grande partecipazione: si respirava l’orgoglio operaio (testimoniato dalla fierezza e la numerosità delle delegazioni delle fabbriche), l’importanza di contarsi e la dignità attribuita al momento; si utilizzava l’occasione per fare il punto sulle relazioni industriali e la situazione politica, con un intento pedagogico (testimoniato dai torrenziali comizi dei leader sindacali e di altri esponenti del mondo della cultura e della politica); e si viveva il clima di festa, che terminava spesso con una mangiata con gli amici e lunghe camminate per tornare a casa in assenza di mezzi pubblici. Il mondo cattolico partecipava anch’esso: l’allora cardinal Martini, in quella che era la festa di San Giuseppe lavoratore, per rispetto della festa sindacale e per non diminuire la partecipazione dei lavoratori cristiani alle manifestazioni, organizzava delle veglie di meditazione la sera del 30 aprile, anch’esse molto partecipate. Continua a leggere

La bolla inutile dell’antirazzismo da social

Apro facebook a caso. Trovo per primo questo commento: https://www.facebook.com/martino.ghielmi/posts/10156984759395102?__tn__=K-R
Del merito non mi frega un granché (mai fatto né guardato una maratona: con lo sport ho più o meno il rapporto che ne aveva Churchill, che – ultraottantenne – attribuiva il suo eccellente stato di salute mentale al fatto di non averlo mai praticato): ma capisco che c’è sotto l’ennesima storia di razzismo o presunto tale, e me lo leggo. Mi sembra convincente. Continua a leggere

Le polemiche inutili (e i veri problemi) sul 25 aprile

Quella sul 25 aprile è una polemica fastidiosa e stucchevole: come quasi tutte le polemiche che dividono per principio – e non sul merito – maggioranza e opposizione (e pure la maggioranza al suo interno, come tradizione da quando c’è questo governo). E come tutte le occasioni per posizionarsi senza ragionare sul perché ci si posiziona: in cui lo scopo non è dire, ma dirsi. Continua a leggere

Il sindaco e la bambina: quando gli adulti perdono la bussola

Il caso della bambina di Minerbe a cui è stato dato tonno e cracker invece del pranzo in mensa con gli altri suoi compagni, come ‘punizione’ indiretta ai genitori che erano in arretrato con i pagamenti, si presta a qualche riflessione, anche al di là del merito della vicenda. Continua a leggere

La retorica della cittadinanza

Quando la politica si riduce a retorica non può che produrre risultati maldestri. Se poi la retorica (che dopo tutto presuppone il ben scrivere e parlare) è di qualità mediocre, si riduce a chiacchiera deteriore: frasi fatte, appelli ai buoni sentimenti, desiderio conformista di intercettare consensi. Continua a leggere

Tentata strage sul bus: le parole per dirlo, le domande da farsi

Ieri sono intervenuto a caldo: con quanto segue, pubblicato nel mio blog sul Corriere del Veneto.

E’ terrorismo, perché voleva seminare il terrore.
E’ razzismo, perché uno con la pelle di un colore voleva fare fuori dei ragazzini con la pelle di un altro colore. Continua a leggere

Dopo Christchurch: Le parti invertite del terrore

Christchurch: che tristezza, un nome così, per una strage di musulmani in moschea… Ma è un’ironia che non dispiacerebbe al suo autore, e forse perfino inconsapevolmente cercata. Lui, che nel suo improbabile pantheon ha messo di tutto: perfino il doge veneziano Sebastiano Venier, o il condottiero Marcantonio Bragadin, di cui probabilmente tutto ignora, salvo forse il fatto che è stato martirizzato dai Turchi. Questi rimandi alla storia lontana, come alla contemporaneità, a terroristi anti-islamici come Anders Breivik e delinquenti xenofobi come Luca Traini, o a vittime innocenti del terrorismo islamico in Europa, poco ci spiegano, tuttavia, di quanto accaduto, e ancora meno sono in grado di spiegare le ragioni – per quanto di ragioni si possa parlare – di una voglia di rivincita identitaria contro innocenti e pacifiche famiglie musulmane che stavano pregando, portata fino alla strage. Continua a leggere

Noi e gli stranieri: come abbiamo potuto diventare così?

La notizia è in sé – purtroppo – banale. Un fatto di cronaca come tanti: un automobilista che investe e ferisce gravemente dei pedoni. Aggiungiamoci qualche aggravante: l’automobilista investitore era palesemente ubriaco, e stava scappando da un posto di blocco; e gli investiti erano una famiglia che si stava mangiando un gelato – il ferito più grave è un bimbo di pochi mesi, sbalzato dal suo passeggino e finito violentemente a terra (mentre scriviamo, sappiamo solo che gli è già stata amputata una gamba, e del resto non si sa). Infine, i dettagli di contorno, che rendono la notizia più morbosamente accattivante: nazionalità e caratteristiche di investitore ed investiti – che è quello che veramente ci interessa. Perché, ammettiamolo, ormai le cose funzionano così: che mezza Italia, o forse un po’ di più, di fronte a una notizia come questa, spera che l’investitore sia straniero, per poter legittimare la propria rabbia o il proprio schietto odio nei confronti degli immigrati; e l’altra metà, o forse un po’ di meno, spera che non lo sia, per evitare che il fatto diventi l’ennesimo episodio di una campagna anti-immigrati già anche troppo aperta ed esplicita. Nel caso di specie c’è un ulteriore piccante dettaglio: l’investitore non solo è italiano, ma è un militante venetista, un po’ xenofobo e sostenitore di politici xenofobi quanto è opportuno in quegli ambienti; e gli investiti sono una famiglia di pacifici immigrati albanesi ben integrati. Ciò che ha consentito a una parte della seconda metà scarsa di italiani di stigmatizzare e in qualche modo di godere dell’inaspettato rovesciamento di prospettiva rispetto alla narrazione anti-immigrati dominante. Continua a leggere