I profughi nell'urna. Quale effetto sul voto?

L’effetto probabilmente c’è stato. Ma troppo localizzato, troppo poco comparabile, per essere considerato inesorabile.
Che i profughi, e gli immigrati in generale, non facciano guadagnare voti, non è un mistero: mezza Europa – come sa bene, tra gli altri, Angela Merkel – mostra che le opinioni anti-immigrati si diffondono più degli immigrati stessi, che una certa radicalizzazione ‘contro’ è avvenuta, al punto da far nascere nuovi partiti anti-immigrati, con effetti elettorali occasionalmente significativi. Probabilmente è quanto avvenuto anche in alcuni comuni del Veneto, come Oderzo o Eraclea. L’equazione è la seguente: i rifugiati sono colpa del governo Renzi + il PD è il partito di Renzi = voto Lega per liberarmi degli uni e dell’altro. Come tale, è stata anche rivendicata: a Oderzo, ad esempio, dove la Lega ha gridato il suo “grazie profughi”, senza accorgersi di aver scelto un argomento scivoloso e controproducente. Come dire: vinciamo sulla paura, non sulle persone o sui programmi… Naturalmente l’equazione è fallace anche in altri suoi fattori: i profughi non sono colpa del governo (anche se molti seri problemi nella loro gestione, sì), e i sindaci del PD (ma anche molti sindaci civici e di centrodestra) fanno quel che possono per risolvere i problemi, senza limitarsi a lamentarsi e scaricare il problema su altri, dicendo semplicemente di no: che non è una grande attestazione di buongoverno. E un po’ come la pioggia eccessiva: si potrà anche essere contro, ma il problema vero è se si hanno ricette per evitare gli effetti negativi delle alluvioni, e se si hanno capacità di gestire le emergenze, oppure no. Alla Lega in questi casi è piaciuto vincere facile, votando contro la pioggia: ma non è detto che il sostegno degli elettori si mantenga anche quando – e accadrà, prima o poi – pioverà in ogni caso.
Il tema rimarrà: ma, giusto per smontare gli entusiasmi di chi si prepara – a destra o, facendone la brutta copia, a sinistra – a sfruttarlo anche ai prossimi appuntamenti elettorali, sperando che la sua onda lunga continui, non ha niente di inesorabile. Con quello che finalmente si annuncia come un inizio di politica dell’integrazione, diversi comuni veneti (quasi tutti a guida progressista) hanno aderito ai bandi Sprar (il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), chiedendo di accogliere nel proprio territorio numeri contenuti e gestibili di richiedenti asilo: ottenendo il risultato di potersi preparare (invece di subire l’emergenza), far affluire risorse nel territorio, e soprattutto ottenendo la garanzia di non ricevere altri immigrati da parte delle prefetture. Il che, nel medio periodo, rischia di far rimanere col cerino in mano proprio le amministrazioni che si sono accontentate del no a prescindere, alle quali, in mancanza di un dialogo con i territori, è possibile ‘scaricare’ i profughi bypassando i comuni, con appalti diretti alle cooperative, in caserme e altri luoghi con quantità ben maggiori: politica rischiosa, controproducente sotto tutti gli aspetti – ma alla quale, mettendoci nei panni dei prefetti, è difficile trovare alternative, di fronte al no pregiudiziale a qualsiasi discussione che ha prevalso finora in Veneto.
Il semplice spauracchio dei profughi potrà far occasionalmente transitare qualche consenso alla Lega (anche se il PD farà bene a cercare le ragioni della propria sconfitta non lì, ma al proprio interno): tuttavia l’alternativa all’alluvione non è gridare no alla pioggia, ma fare opere di prevenzione e, nel caso, saper gestire le emergenze – cioè, banalmente, governare. Anche perché, trattandosi di fenomeno strutturale – che durerà nel tempo – (come quello del traffico, dell’inquinamento, dei costi dei trasporti o della sanità, dell’efficacia della scuola), come già sta avvenendo nell’altra mezza Europa e in diverse città medie e grandi italiane, non si voterà più sulla questione in sé, ma sulle diverse ricette per minimizzarne i costi e massimizzarne i vantaggi. E, per allora, dire no non basterà più.
I profughi (e Renzi) nell’urna, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 8 giugno 2016, editoriale, p.1