Cosa penso della scelta di Renzi

Lo sappiamo tutti: lo scenario previsto era un altro. Un governo che governa per un anno, l’approvazione della legge elettorale e un paio di riforme economiche fondamentali, e poi al voto. Con Renzi che forse vince, o forse no (il nostro auspicio, ovviamente, era sì): ma in ogni caso con un vincitore chiaro e dotato di una legittimazione popolare ampia, per governare finalmente sul serio. Continua a leggere

Letta-Renzi: una problematica staffetta

La novità dirompente che ha costituito, per il quadro politico, la comparsa di Matteo Renzi, la si vede, prima ancora che nei contenuti, in due aspetti di metodo, estranei alla tradizione politica italiana: la velocità, e la coincidenza tra ribalta e retroscena. Continua a leggere

Le conseguenze del referendum anti-immigrati in Svizzera

Il referendum anti-immigrati approvato di misura in Svizzera, con il 50,3% di voti favorevoli, imponendo l’introduzione di tetti massimi e quote anche per i cittadini comunitari e i richiedenti asilo, pone numerosi problemi che vanno al cuore della convivenza nelle società globalizzate, e democratiche. Continua a leggere

Primarie a Padova: hanno vinto le primarie…

Hanno vinto le primarie: come logica, come metodo, come selezione dei candidati. Facendo emergere persone e tendenze che non sarebbero state percepibili altrimenti, riuscendo a mandare segnali forti e chiari a una politica che fa fatica a leggerli e capirli. Continua a leggere

Modello riforma elettorale o modello Imu: due modi di essere riformisti

L’accordo sulla legge elettorale, se confermato nelle aule parlamentari, costituirà un elemento di svolta assai più importante della semplice approvazione di un nuovo sistema di voto. E non solo nel merito. L’accordo, pur con alcuni limiti evidenti, riconsegna al cittadino una maggiore sovranità nella scelta dei suoi rappresentanti, rende più complicati gli inciuci e gli accordi sottobanco, consente di sapere il giorno delle elezioni chi governerà, e rende sostanzialmente impossibile (anche se la creatività della politica italiana ci ha abituati a tutto) che le larghe intese – in cui tutti governano, rischiando che non governi nessuno – siano l’unica via d’uscita all’impasse elettorale. Per quanto perfettibile, come tutte le cose umane, l’accordo è quindi positivo.

Ma la novità vera sta nel metodo. Se davvero si riesce a mostrare e a dimostrare (come ogni cittadino, ogni famiglia, ogni impresa sa, ma la politica ha pervicacemente ignorato per decenni) che, a fronte di un problema, è possibile trovare una soluzione in poche settimane, basta mettersi d’impegno per farlo, è la fine di un’epoca: è, davvero, il passaggio dal medio evo all’età moderna, dall’età feudale all’età dei diritti, dall’epoca dei sudditi a quella dei cittadini, dall’economia pre-industriale a quella post-industriale.

La vera vittoria di Renzi, e del metodo che ha imposto, sta tutta qui: ed è molto più ampia del pur ragguardevole risultato raggiunto. Se si può su un tema, non si vede davvero perché non sia possibile su tutti gli altri. La riforma elettorale non era la principale urgenza del paese: tutti sappiamo che la crisi, la mancanza di lavoro, la chiusura delle aziende, la perdita di competitività, il rischio povertà che sempre più famiglie si trovano davanti, è la vera drammatica emergenza di questo paese. Ma era la posta più altamente simbolica e più sensibile, dal punto di vista politico: perché era la dimostrazione che la politica era incapace di riformare se stessa – figuriamoci di riformare il paese. Ora, se la politica riesce finalmente a dimostrare che è capace di fare qualcosa, e qualcosa di così sostanziale come rivedere i principi stessi del sistema elettivo-rappresentativo, ovvero della ragion d’essere stessa della politica in età democratica, è il segnale che può finalmente occuparsi anche dei problemi di interesse generale. La fine di un ciclo di incapacità, di immobilismo, di conservazione. L’inizio di un ciclo di capacità di intervento, di rimessa in gioco delle energie disponibili, di riforma. E’ per questo che appare – e apparirà ancora più chiaro nelle settimane a venire – come tutti coloro che hanno lavorato contro l’accordo (dalla minoranza interna del PD alla Lega, dai piccoli partiti di centro o di sinistra al Movimento 5 Stelle) risulteranno e risalteranno come i veri soggetti conservatori del quadro politico, e in definitiva i rappresentanti, i figli e i campioni di quell’immobilismo che, a parole, dicono di combattere.

Ci sono momenti storici in cui è necessario fare delle scelte, anche radicali e costose. Accettare almeno – se non accompagnare o ancora meglio guidare, come Renzi si propone di fare – il cambio di passo che il paese domanda, sarebbe un segnale di maturità, di generosità e di intelligenza politica: che tuttavia, come si vede, non tutti sono in grado o sono capaci di fare.

Dunque, se la riforma passerà, sarà il paradigma di nuove, ulteriori e più incisive riforme: del lavoro, del sistema fiscale, dell’istruzione, e di altro ancora. Se sciaguratamente non dovesse passare, il paradigma dell’incapacità di riformarsi della politica e del paese sarebbe l’infinita revisione dell’Imu, con i suoi continui passi avanti e indietro, le modifiche irrilevanti, le incapacità di previsione, l’incertezza, la perdita di tempo, lo stillicidio burocratico, senza mai un intervento radicale e risolutivo. Ecco, siamo davanti a questa alternativa: il modello Imu o il modello riforma elettorale. Non c’è dubbio su quello che il paese vorrebbe. C’è ancora invece molto dubbio su quello che una parte della politica sia capace di dare.

L’inizio d’un nuovo ciclo, in “Piccolo” Trieste, 31 gennaio 2014, p.1

Basta con il cumulo di cariche. Gli scandalosi privilegi dei boiardi di stato

La vicenda del presidente dell’Inps, Alfio Mastrapasqua, e del suo incredibile cumulo di cariche, mette in luce una delle scandalose costanti del declino italiano: il suo aspetto feudale, l’utilizzo del denaro e delle cariche pubbliche come sinecura (letteralmente: un appannaggio sganciato da qualsiasi cura, da qualsivoglia lavoro), la sistematica privatizzazione del bene pubblico al di là di ogni reale funzione, merito e proporzione, l’appropriazione predatoria delle fonti di reddito statali, nelle loro varie forme. Continua a leggere

Riforma elettorale e dimissioni di Cuperlo: la necessità e l'equivoco

Non è con la proposta di riforma elettorale oggi in discussione, ma è adesso, che la democrazia non è garantita, che le minoranze sono fuori dal parlamento, che gli eletti sono imposti dai capipartito, che partiti con ricette opposte sono obbligati a governare insieme, che di conseguenza il governo non riesce a produrre decisioni e vive di compromessi. In sostanza, con il sistema attuale non c’è né democrazia, né governabilità, né chiarezza. Con la riforma emersa dall’incontro tra Renzi e Berlusconi, con la semiapprovazione di Alfano, ci sarebbero più democrazia, più governabilità, e più chiarezza. Alla maggior parte degli elettori questo basta. Continua a leggere

Cuperlo si dimette

Cuperlo si dimette da presidente del PD. Si dimette con una lettera educata, anche se discutibile nei contenuti. Che gli assomiglia: come persona, prima che come politico.
Politicamente, è la fine di un equivoco. Forse non suo, e che lui paga. Forse di coloro che lo sostenevano alle primarie, a cui interessa di più fare opposizione a Renzi che sostenere qualcos’altro o qualcun’altro. Forse di chi voleva farne il leader di una minoranza a prescindere, anziché una figura di garanzia, quale è quella di presidente, a lui più congeniale per stile e carattere.
Mi dispiace. Ma forse con questo aiuta a fare chiarezza sul ruolo della minoranza del PD, sul contributo che intende dare o non dare al nuovo partito. Sull’accettare il ruolo ingrato di minoranza, che molti che ne fanno parte vivono per la prima volta con smarrimento, e capire cosa significa. Sull’imparare a distinguere tra l’essere minoranza e fare opposizione. Se, con le sue dimissioni, contribuirà a questo, andrà a suo merito.
Cuperlo era e resta una persona intellettualmente onesta. Che non ha capito cosa sta veramente succedendo: la svolta profonda che c’è stata nel paese, prima ancora che nel suo partito. Ha scelto di farsi da parte, di analizzarla da intellettuale quale è, più che da leader politico, che forse non è mai stato veramente.

Tra riforma elettorale e onanismo politico

Poco importa ai più l’ilare opinione che non è lecito discutere con Berlusconi, che è il capo dell’opposizione, ma è lecito governarci insieme e fare quello che dice lui (il pasticcio sull’Imu, tra i tanti, nasce da lì); o la surreale discussione sull’opportunità di accoglierlo nella sede del PD, che è il principale partito che sostiene il governo (e dove lo si doveva incontrare: al bar?); o che la minoranza interna di quel partito non sia d’accordo per principio, e che Tizio o Caio del partito A o del movimento B dissentano. Il dato è assai più semplice. Con il sistema attuale non c’è né democrazia, né governabilità, né chiarezza. Con la proposta oggi in discussione ci sarebbe più democrazia, più governabilità, e più chiarezza. Alla maggior parte degli elettori questo basta. Continua a leggere

Perché sì a una legge sulle unioni civili

La famiglia è cambiata. Non c’è più un solo modello familiare, se mai c’è stato, ma molti. E non esiste la famiglia ‘tradizionale’, perché anch’essa è cambiata: nel numero dei suoi componenti, nei suoi ruoli e in come vengono assunti (sia quelli di genere che quelli parentali e filiali), nella sua capacità economica, nei suoi obiettivi. Continua a leggere