Immigrati: la comoda svolta della Lega

La Lega, per bocca di un suo autorevole esponente, il ministro del turismo, apre all’ingresso di lavoratori immigrati per impiegarli nel settore, in profonda sofferenza per carenza di manodopera. La questione è cruciale. Meno lavoratori non significa solo maggior carico di lavoro per chi c’è: significa un servizio qualitativamente peggiore, e quindi turisti che la volta successiva sceglieranno altre mete, con un calo di reputazione, oltre che con un significativo danno economico, che avrà ripercussioni anche negli anni successivi.

Certo, il settore del turismo deve fare un ragionamento, e un’autocritica, sui salari e le condizioni di lavoro che offre, molto diseguali, e talvolta da capitalismo selvaggio. Tuttavia la manodopera mancherà comunque. Per problemi demografici di lungo periodo: il calo della forza lavoro autoctona è drammatico, e insieme alla ripresa delle emigrazioni (di italiani, ma anche di seconde generazioni, figli di immigrati nati qui, che con la cittadinanza e la libera circolazione se ne vanno altrove, dove evidentemente ritengono di essere trattati meglio) produce un cocktail esplosivo, anche per altri settori.

È naturalmente un bene che anche la Lega, che conta nel settore turistico-alberghiero una parte del suo elettorato, si sia accorta del problema. Né deve scandalizzare che lo faccia solo per interesse del settore coinvolto: se non altro gli interessi hanno una concretissima solidità che le emozioni, e anche i princìpi, decisamente più evanescenti, non hanno. Quello che un po’ stupisce (o meglio non stupisce, ma è politicamente poco decente) è che lo faccia senza sentire il bisogno di un minimo di autocritica rispetto a un trentennio di campagne ideologiche anti-immigrati, tradottesi in scelte istituzionali conseguenti e appassionatamente sostenute (come le leggi “prima i veneti”, e altre, che avevano lo scopo di rendere più difficile la vita agli immigrati stessi), che hanno portato un concretissimo dividendo elettorale alla Lega e al centro-destra, danneggiando tuttavia la comprensione della realtà della cittadinanza tutta (il meccanismo del capro espiatorio in politica funziona bene, e chi lo usa lo sa benissimo, e pur sapendo che non corrisponde alla realtà, lo usa lo stesso perché conviene).

Non basta dire che la svolta è necessaria perché la manodopera ora serve. Serviva anche prima. Ma al contempo gli immigrati non sono solo forza lavoro, ma persone. Il modello veneto si fonda saldamente sull’immigrazione. Gli immigrati costituiscono le percentuali più alte di manodopera tra i lavoratori della concia e del cuoio, seguono i tecnici di produzione alimentare, muratori e carpentieri, addetti ai magazzini merci, conduttori di macchine, operai delle pulizie, braccianti, operai del legno e del mobile, personale non qualificato nel turismo (che, come si vede, viene dopo molti altri settori), assemblatori di prodotti industriali e addetti all’agro-industria, saldatori e carpentieri, conduttori di mezzi pesanti, addetti ai servizi di pulizia e alla raccolta dei rifiuti, camerieri, manovali edili, professioni non qualificate dell’industria. E poi c’è naturalmente il piccolo esercito di colf e badanti.

Poiché politicamente si tratta di un’abiura vera e propria, visto che la Lega, fino a ieri, ha fatto di quella contro gli immigrati una battaglia di principio, varrebbe la pena portare il ragionamento un po’ più a fondo. Anche perché quello di cui parliamo è il Veneto di oggi e ancor più di domani.

La presenza complessiva di immigrati è del 9,9%, un residente su dieci (ma in alcuni comuni si avvicina a uno su cinque). Rappresentano l’11,8% degli occupati, tre volte gli italiani tra i lavoratori manuali, e il doppio tra i lavoratori manuali specializzati. Oltre un bambino su cinque è nato da genitori stranieri, e costituiscono il 14,1% dei ragazzi nelle scuole del Veneto (ma per il 71,1% sono nati in Italia). Mentre i matrimoni misti sono oltre il 15% del totale. Altro che emergenza turismo, dunque: è una nuova società, quella che si sta costruendo, molto diversa da quella raccontata per anni dalla politica, per comprendere la quale è necessario più di qualche passo avanti, innanzitutto culturale – per capire davvero in che direzione stiamo andando.

 

Immigrati, il cambio di rotta, in  “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 13 maggio 2022, editoriale, p. 1