Il mio Natale

Eppure non è detto che tutto vada per il peggio. E può persino darsi che un po’ del male riesca non solo a non nuocere, ma a fare (a farci) del bene.

Lo dico guardando al Natale dimezzato, mio e di molti. Come sto vivendo questo periodo?

Sul lato pubblico della faccenda, con irritazione crescente per le continue contraddittorie ordinanze, con rabbia per il pressapochismo dominante, con indignazione per l’incompetenza, l’impreparazione e gli inaccettabili ritardi con cui paiono tuttora prese (o non prese) le decisioni fondamentali, con enorme preoccupazione per la sopravvivenza del tessuto economico-sociale del Paese, e più concretamente con partecipazione dolente per i drammi personali di individui, famiglie e imprese che hanno un nome e un cognome, e sanno che la loro vita andrà peggio, che a breve – mesi, settimane – non avranno più un lavoro, un’attività, un reddito, o comunque dovranno fare i conti con disponibilità ridotte, progetti e aspettative sensibilmente ridimensionati.

Sul lato privato, invece, pur nella condivisione, in parte, dei problemi di tutti (ridimensionamento delle entrate, pur con la garanzia di almeno un lavoro, licenziamenti e disoccupazione dei figli, prospettive incerte), con il sollievo, in un periodo cupo, di non essere costretto a sottopormi al rituale degli incontri, dei saluti, degli auguri, dei regali. Una scusa buona, ottima, per sfuggire al nulla che riesce a riempire così tanto del nostro tempo, delle nostre energie e del nostro denaro in anni normali.

Questa cosa credo abbia fatto piacere – e comodo – a molti. Sarà perché si invecchia, sarà perché la finta allegria, di fronte alla vera sofferenza (innanzitutto, di chi è ammalato o vede in faccia la morte, e di chi a queste persone è personalmente o professionalmente vicino), decisamente stona, ma troppe cose non sono – o non sono sentite – più come prima, danno a noia, e la pandemia, le misure di chiusura, vincoli e divieti, ci hanno regalato un alibi incontrovertibile, e un sacco di tempo in più.

Non è necessario darsi toni di artefatto misticismo: ma, certo, fare un po’ di vuoto dentro di sé è la precondizione per riempirlo poi con cose di qualità, scelte e non imposte, selezionate con maggiore attenzione, a cui è dato lo spazio adeguato, e maggiore dignità. È quello che è accaduto a molti, e tra i molti, a me. Che forse non avrei avuto il coraggio di scelte più radicali senza ottime scuse sociali e istituzionali come quelle che mi sono state fornite. E così, relazioni ridotte alla famiglia ristretta, per quel che si è potuto (con un’eccezione, condivisa da molti: un figlio all’estero che da cinque anni non passava il Natale in famiglia, pronto a tornare grazie al regalo di un volo A/R, è stato respinto all’aeroporto, in quel di Londra, a pochi minuti dall’inizio delle operazioni di imbarco – con il dispiacere, il rimpianto e il concretissimo pianto, suo e nostro, e dunque un po’ di dolore a dare maggiore significato e spessore alle gioie rimaste). Quasi niente regali: meno del solito, meno dispendiosi, e scelti, per i familiari – e quindi niente tempo e denaro sbattuti via in occupazioni senza convinzione e senza senso, come la corsa agli acquisti prenatalizi. Nessun viaggio o vacanza in montagna. La possibilità e la decisione di un regalo più grosso e significativo – condiviso con la famiglia – per chi invece a questo Natale ci arriva senza poter soddisfare i bisogni essenziali. Nessun incontro, nessuna cena con amici, nessuna pizzata con i genitori di scuola o i colleghi di lavoro, nessun augurio, quasi nessun pacchetto da incartare, nastro da tagliare o bigliettino da comporre. E l’impegno a non sprecare nemmeno telefonate inutili. Poche parole, scritte o dette, per qualche amico vero della cui amicizia recuperare il significato. Un po’ di raccoglimento in più, celebrazioni o meno. E per il resto, maggiore tempo condiviso, giochi in famiglia da rispolverare, parole più pesate, significato diverso ai gesti soliti, compiuti peraltro con maggiore consapevolezza, letture rinviate troppo tempo ad attenderci, qualche film, musica da ascoltare per il piacere di farlo e non come sottofondo.

Meno cose, vissute meglio. No, non è detto che tutto il male venga per nuocere.

 

Natale pubblico e privato, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 24 dicembre 2020, editoriale, p.1