Valanga Renzi: cosa cambia per PD e governo

I partiti dovrebbero avere maggiore fiducia nei propri elettori: loro, il paese lo vogliono salvare. E’ per questo che hanno affollato i seggi per poter esprimere il loro voto alle primarie, dando ancora una volta una lezione di democrazia alle persone per cui hanno votato.

Erano in molti a temere il peggio, con una bassa affluenza: un po’ perché il risultato pareva scontato; e un po’ perché si temeva il senso di delusione degli elettori di centro-sinistra, dopo che avevano subito in rapida sequenza la sconfitta elettorale di febbraio, il disastro delle elezioni presidenziali (con l’impallinamento di Prodi e la riconferma di Napolitano), e ingoiato il rospo delle larghe intese. Invece gli elettori hanno mostrato che a loro la politica interessa, eccome: ma quella buona, quella utile, quella che mostra la possibilità del cambiamento e una via d’uscita che ridia speranza a un paese rassegnato, ma ancora non del tutto, e in cerca di riscatto.

In fondo non è la schiacciante vittoria di Matteo Renzi a fare notizia. La notizia, in questo caso, c’era già stata: ed era nel fatto che Renzi avesse vinto anche, persino, nel voto tra gli iscritti, contro quasi tutti i pronostici. Segno che il cambiamento era ormai nell’ordine delle cose, nell’aria del tempo: ineluttabile e inevitabile. Anche per chi veniva da una lunga storia politica, e proprio per questo voleva sfuggire alle sue inerzie.

Il voto degli elettori, nelle primarie di ieri, non ha fatto altro che accentuare questa tendenza, facendola vedere con chiarezza anche a chi finora non ha voluto vederla, o ha cercato di fare finta di niente. Sia il PD che il paese chiedono una svolta: ora non c’è più bisogno di controprova. E non si può più aspettare. Occorre dargliela. Il risultato delle primarie di ieri, nelle percentuali schiaccianti che hanno dato la vittoria a Renzi e nella quantità dell’affluenza, addirittura superiore al precedente appuntamento, contribuirà a dare uno scossone non solo al Partito Democratico, ma anche al governo. Chi ha votato ieri, e forse comunque abbia votato, lo ha fatto perché vuole che il governo Letta agisca più in fretta e operi in maniera più radicale: o se ne vada, e lasci spazio ad altri, per giunta forti di un consenso popolare che i ministri delle larghe intese non hanno.

In questo senso, le elezioni sono oggi più vicine. Ma non scontate: il risultato delle primarie potrebbe essere lo stimolo che fa cambiare gli equilibri della maggioranza, spingendo il governo all’azione. Anche il centro-destra di Alfano dovrà tenere conto di questa pressione popolare, se non vuole rischiare, alle elezioni, più di quello che rischierebbe governando.

Nel PD invece cambiano gli equilibri, ma non si aprono ferite. Saranno pochi quelli che, non digerendo Renzi, se ne andranno, e non voteranno più il PD. Il grosso del partito ha già fatto in tempo a introiettarlo, quello che un anno fa qualcuno considerava ancora, a torto, un corpo estraneo: a partire già dalle scorse primarie, quando Renzi sostenne Bersani alle elezioni. E molti invece, probabilmente, arriveranno sull’onda dell’entusiasmo: anche da parte di quell’elettorato non del PD, e in parte proveniente dal centro-destra o da altrove, che ha voluto partecipare alle primarie proprio per sostenere il sindaco.

Renzi, sostenuto da un risultato schiacciante (gli altri candidati, insieme, ottengono la metà dei suoi voti: e in molte aree dove in precedenza ha vinto Cuperlo, tra gli elettori ha vinto Renzi), potrà permettersi di essere generoso. Non ha interesse a guerre interne, e ne ha molto a trasformare il PD in quello che in fondo voleva essere dall’inizio: un partito innovativo nei contenuti e nello stile politico, capace di coinvolgere anche quella parte di società che dei partiti non si fida più. Dalla sua, Renzi ha la forza che non hanno avuto i precedenti leader del PD, a cominciare da Veltroni, prigionieri di oligarchie interne che oggi si sono sostanzialmente liquefatte: in questo senso il Partito Democratico, come storia nuova e diversa da quella dei suoi soci fondatori, nasce forse soltanto oggi. Starà a Renzi mostrare di essere capace di fare buon uso dell’apertura di credito che gli elettori di centro-sinistra, e anche un pezzo di paese che nel centro-sinistra non si è mai riconosciuto, gli hanno dato. In politica il consenso è un capitale prezioso, ma la fiducia lo è ancora di più. Il PD aveva mantenuto una certa quota di consenso, ma non catalizzava più fiducia, e ancor meno entusiasmo. Renzi, in questo momento, ha in mano tutte le carte vincenti. Né il PD né il paese gli perdonerebbero un fallimento.

Segnale forte al partito e al governo, in “Piccolo” Trieste, 9 dicembre 2013, p.1, e “Gazzetta di Reggio”, 10 dicembre 2013, p.1

E’ uno scossone anche per il governo, in “Messaggero veneto”, 9 dicembre 2013, p.1