Terre Alte: il Nordest e le sue montagne

Montagna ha tanti significati. Una radice immediata, derivata da man, che significa sporgere. Secondo altri la stessa etimologia di munio, fortifico: è infatti la fortezza naturale che ripara, e che costituisce riparo, luogo di fuga, posto dove nascondersi, base per le proprie azioni di disturbo, come nel brigantaggio o nella resistenza. Nel linguaggio quotidiano ha finito per significare tutto ciò che sale, che si eleva ed eleva: dal montare in cattedra alla panna montata, fino alla catena di montaggio, al montatore e alla montatura. Ma è anche un valore: come nel monte premi o nel monte dei pegni, e negli antenati delle banche (i monti, appunto: come il Monte Paschi che ha acquisito Antonveneta). Mentre andare a monte significa andare all’origine (e mandare a monte, al contrario, non far riuscire un’impresa).
Salire, andare in alto, significa molte cose. Solo guardando dall’alto si capisce la conformazione del fondovalle, e le cose prendono un diverso rilievo: non a caso è una metafora mistica per eccellenza, mostrando le altezze spirituali confrontate alle bassezze e all’ordinarietà del quotidiano. Nello stesso tempo è una possibilità alla portata di tutti: è l’esperienza di qualunque escursionista dilettante, il cui fascino comprende con immediatezza anche un bambino, nonostante la fatica della salita, anch’essa metafora di ogni percorso di vita.
Ma per chi ci vive, è qualcosa di diverso: splendore della natura, ma anche dura realtà del vivere quotidiano, più difficile in quota che in città, a valle.
In Italia la montagna costituisce circa il 35,2% del territorio nazionale, anche se una proporzione assai più ridotta di popolazione e di attività. Nel Nordest la situazione è molto variegata: si va da un Veneto che è la regione con la maggior percentuale di territorio pianeggiante, in cui le zone montuose costituiscono solo il 29,1% del territorio, al 42,6% di superficie montuosa del Friuli-Venezia Giulia, fino a una regione interamente montuosa come il Trentino-Alto Adige. E la diversificazione interna è la regola: dallo splendore delle Dolomiti patrimonio dell’umanità dell’Unesco e ricche di turismo, all’altopiano di Asiago con la sua economia fiorente, fino alle zone della Carnia più impervie e abbandonate. La montagna della ricchezza e del benessere si confronta con quella del disagio e della vita agra, quella dell’accoglienza organizzata e di un turismo definibile di massa a quella dello spopolamento e dell’abbandono. E i suoi cantori sono molto diversi anch’essi: dall’elegia dell’altopiano di Mario Rigoni Stern all’epica legata ai paesi del Vajont e alle loro ferite di Mauro Corona, dai paesaggi di Andrea Zanzotto alle montagne della resistenza di Luigi Meneghello, fino ai personaggi di paese di Pierluigi Cappello.
La storia delle montagne del Nordest è storia povera di emigrazione interna, verso la Lombardia e il Piemonte industrializzati, ma prima ancora lungo le strade e le rotte dell’emigrazione verso le tante Americhe dei sogni dei derelitti. Storia di isolamento e fuga, ma oggi anche storia di innovazione e apertura internazionale: di montanari isolati nell’economia legata alla terra del maso e della baita, e di nuovi imprenditori globali, che fanno della difficile accessibilità una potenzialità nuova, quasi una forma di attrazione e perfino di esotismo. E storia al contempo di isolamento culturale, sì, ma dalle robuste radici e ricco di un’etica condivisa pur nella sua povertà materiale, che ne era forse condizione, e di talvolta rapido impoverimento culturale di fronte alle nuove ricchezze del lavoro in città o di quello a servizio dei cittadini in vacanza. Mentre la montagna si trasforma: e ridiventa totem da visitare ma anche rispettare, di cui sfruttare in forma nuova le risorse naturali, salvaguardandole, dopo averle solo consumate per qualche decennio. Motore di un’economia al contempo tradizionale e innovativa: così diversa, in ogni caso, da quella dei capannoni di pianura.
Il nobile isolamento delle Terre Alte, così lontane dai capannoni, in “Corriere della sera – Corriere Imprese Nordest”, 14 dicembre 2015, p.3, rubrica ‘Le parole del Nordest’