Trump, i dazi, i migranti e i muri

Forse è un bene questa assurda guerra dei dazi. Pre-industriale e pre-capitalistica, verrebbe da dire pre-civile, persino primitiva, nel merito. Arrogante e bullizzante nei modi. È un bene, perché è uno specchio che ci fa vedere quello che siamo diventati. E tanto più in quanto, nella forma scelta dagli Stati Uniti e da Trump (“la più stupida guerra commerciale della storia”, l’ha definita il Wall Street Journal, quotidiano dell’establishment che il presidente americano l’ha visto con simpatia), la giudichiamo, a ragione, assurda e controproducente per loro, oltre che dannosa per i nostri interessi. Mentre non è altro che una accurata descrizione delle nostre pulsioni profonde e al contempo quotidiane, che tuttavia non giudichiamo allo stesso modo: nei confronti delle quali, anzi, siamo incredibilmente autoindulgenti. E non fa che mostrare, in economia, quello che sempre più spesso diciamo – e, peggio: facciamo – nella società. Non quella degli altri: la nostra. Trump siamo noi. I dazi sono sempre più spesso il nostro modo di ragionare. In ambito sociale, culturale, politico.

Perché? Perché la logica dei dazi è esattamente la stessa che applichiamo ai muri nei confronti dei migranti – l’unica differenza rispetto ai dazi è che si tratta di un nemico anche interno (un capro espiatorio, si sarebbe detto in altri tempi), non solo esterno, e i muri non sono solo quelli materiali, alle frontiere, ma anche quelli nelle coscienze, nei ragionamenti e nelle politiche (discriminatorie) adottate. È la medesima che è alla base della chiusura aprioristica nei confronti di culture e religioni che non conosciamo, ma ci permettiamo di giudicare con stupefacente superficialità. È anche la stessa che applichiamo alle persone diverse da noi per opinione politica, orientamento di genere, ma anche lingua, colore della pelle, e persino vestiario. È ancora la medesima che ci fa dire che quello che conta è solo la nostra nazione, o la nostra regione, o il nostro comune, e chissenefrega degli altri: prima noi, chiunque sia questo noi, a prescindere dal fatto che sia più meritevole di altri – ciò che viene dato per scontato, senza bisogno di prova. Infine, è quella che ci spinge a farci solo i nostri interessi, a sparire dallo spazio pubblico e non interessarci alla cosa pubblica e ai beni comuni, non votando nemmeno più, o partecipando solo per garantire i nostri interessi e quelli della nostra bolla, della nostra lobby, classe, ceto, categoria o professione.

Trump ha solo il merito di riassumerli tutti insieme e rivendicarli platealmente, questi comportamenti. Ma non è l’unico. Trump rappresenta, per così dire, lo spirito dei tempi, e lo fa benissimo. Al punto che forse, se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. Perché alle volte, anche alle società, come accade alle persone, serve un sonoro schiaffo – ideale, morale, valoriale, oltre che, come in questo caso, economico e politico – per ritrovare il senso di realtà, per accorgersi che al centro del mondo non ci siamo solo noi, che a furia di contemplare solo il proprio ombelico si perde legame sociale, che l’egoismo non salva nemmeno gli individui (o gli stati: lo vedremo presto anche negli Stati Uniti), figuriamoci le società, che la chiusura nostra produce la chiusura altrui. Che i muri, insomma, che siano materiali o immateriali, sotto forma di filo spinato o di dazi, o anche solo di opinioni, chiudono fuori – o si illudono di farlo – le nostre paure, ma finiscono per chiuderci dentro, a combattere i nostri stessi fantasmi, con sempre meno capacità e risorse, perché abbiamo appunto solo le nostre. È già successo, nella storia, e può succedere ancora, perché il vaccino contro l’imbecillità umana non è stato ancora inventato, e non lo sarà mai, e comunque ci saranno sempre dei no-vax che si rifiuteranno di assumerlo. Anzi, le nostre difese (immunitarie?) si sono, in questi anni, indebolite. Per cui, o ci svegliamo, ci guardiamo allo specchio, ci rendiamo conto di quanto siamo imbruttiti, e ne traiamo delle conseguenze, adottando delle contromisure, o ne pagheremo il prezzo.

 

I migranti, i dazi e i muri, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 5 febbraio 2025, editoriale, pp. 1-6