Quella strana idea di libertà – Su POS e contante
Le discussioni intorno all’innalzamento del limite per pagare in contanti, e ancor più rispetto al diritto di non accettare pagamenti con il POS, ci dicono molto, su chi siamo e chi vogliamo essere.
Sgombriamo il campo dall’aspetto politico-elettorale, che forse è il meno interessante. Certo, le clientele vanno risarcite: la possibilità di rifiutare il POS sotto i 30 euro soddisfaceva in particolare i taxisti (la maggior parte delle corse è al di sotto di quella cifra), e i negozi di prossimità, l’averlo portato a 60 soddisfa anche i ristoratori, i balneari (già graziati dal non dover sopportare una fastidiosa libera concorrenza) e qualche altro, mentre l’innalzamento del tetto al contante, in generale, chi lavora più facilmente in nero. Peraltro, queste misure vanno incontro a delle minoranze nelle categorie citate, e non tengono conto degli onesti che si sono adeguati alla normativa e che il POS lo usano volentieri, perché semplifica la vita e la contabilità di chi non ha alcuna intenzione di evadere, diminuisce il rischio di rapine, ecc. E sgombriamo il campo anche dall’aspetto tecnico: se le commissioni bancarie sono eccessive, ci sono mille modi per intervenire su questo e farle scendere.
No, l’aspetto più interessante è, diremmo, antropologico. Parla della libertà di alcuni, e non di altri: per dire, se il commerciante ha diritto di non accettare pagamenti con il POS, questo equivale a impedire l’esercizio della libertà del cliente di scegliere lui quale mezzo di pagamento usare. Ma la libertà del cliente pare meno rilevante… Tra l’altro, la battaglia diventa ideologica, e quindi fuorviante: tra chi teme, ovviamente a torto, che l’obbligo per le attività economiche di avere un POS impedisca alle persone di usare il contante, piangendo sui destini di poveri anziani incapaci di usare il bancomat (cosa risolvibile con un minimo di alfabetizzazione digitale, e che dà l’idea di quanto questo sia un paese quasi solo per vecchi), e chi giura di rifiutare di entrare in un esercizio dove non lo si accetta, e pretende l’obbligo per gli esercenti di apporre un cartello all’esterno, minacciando di girare solo con banconote da 100 euro anche solo per pagare un caffé. Per forza si finisce alle accuse estremiste: agli uni di essere servi delle banche con un chip nel cervello, agli altri di essere tutti evasori.
Poco importa il merito. Ad esempio che nel mondo sviluppato il contante sia in corso di sparizione, e che – senza andar lontano (a Singapore o in Corea) – in tutto il nord Europa non solo qualsiasi baracchino di street food e persino musicista di strada abbia il POS, ma che addirittura nei musei e in molti uffici pubblici sia possibile “solo” pagare con una carta, facendo risparmiare e semplificando anche la vita delle stesse strutture amministrative coinvolte, a vantaggio di tutti (a noi invece tocca ancora uscire dall’ufficio, pagare in contanti la marca da bollo dal tabaccaio, poi in posta il bollettino, infine tornare in ufficio se non ha chiuso nel frattempo). O che sia davvero dura spiegare ai turisti stranieri la ratio di queste restrizioni all’uso delle carte, alle prossime vacanze (e bisognerà vedere se torneranno, o se non preferiranno andare dove gli si rende la vita più facile).
Inutile anche elencare i vantaggi del denaro elettronico: non dover continuamente far rifornimento al bancomat (che anche quello ha le commissioni, peraltro, cosa che dimentica chi condanna le commissioni delle carte), non rischiare furti e smarrimenti, tenere comoda traccia delle spese. È diventata una battaglia di principio, astratta, quasi del tutto priva di fondamento empirico. Lo dimostra anche la frequente sovrapposizione tra profili anti bancomat e pro contante, e profili no vax e no tutto. Dietro c’è la stessa malsana, malintesa, infantile idea di libertà: non come virtù civica, da contemperare con il bene di tutti, ma come libertà di fare quello che aggrada, in fondo di menefreghismo. Un po’ come la libertà di costruire dove si vuole, anche in zona a rischio: tanto poi arriva la sanatoria, e se succede qualcosa, magari anche il finanziamento per ricostruire nello stesso posto. Ricchi o poveri, a quanto pare, ci sentiamo tutti come il rivoluzionario Guy Fawkes, ma siamo invece tutti Marchesi del Grillo.
Una strana idea di libertà, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 1 dicembre 2022, editoriale, p.1