Vent’anni di cambiamenti tecnologici e sociali
Il nostro mondo, il mondo in cui viviamo, è interamente figlio degli ultimi vent’anni. Per accorgersene basta mettere in fila un po’ di date. L’oggetto che usiamo per un maggior numero di ore ogni giorno, e il più indispensabile, lo smartphone, ha giusto un ventennio (il suo modello più iconico, l’iPhone, è del 2007), e dal 2014 il numero di telefoni mobili in circolazione supera quello della popolazione mondiale (nel frattempo arrivata a 8 miliardi). Il principale motore di ricerca del mondo, Google, è del 1997, ma è diventato tale nel 2000, e ha introdotto i suoi servizi più popolari, da Gmail a Google Maps, negli anni successivi. Il principale e più consultato, nonché gratuito, deposito di sapere esistente, Wikipedia, è del 2001. La comunicazione a distanza cambia con Skype nel 2003. Facebook inventa il primo grande social network nel 2004, Twitter è del 2006, Whatsapp del 2009, Instagram e Pinterest vengono lanciate nel 2010. Del 2010 è anche il primo tablet, con iPad. Il più grande negozio del mondo, l’everything store Amazon, è sì fondato nel 1994, ma ha trasformato davvero le nostre vite nell’ultimo ventennio, ed è del resto sbarcato in Italia solo nel 2010. Pensiamo alle piattaforme globali che trasformano produzione e consumo di video, musica e film: YouTube è del 2005, Netflix è del 1997 ma introduce lo streaming dal 2007, Spotify del 2006 ma è lanciata internazionalmente dal 2010. Tripadvisor, che ha cambiato il modo di viaggiare, è diventata operativa nel 2000. Airbnb, una app che da sola ha cambiato la configurazione delle nostre città più di ogni altra cosa, è del 2008. Uber, che ha un impatto simile nel trasporto, è del 2009. Tinder, che trasforma il modo di incontrarsi, è del 2012. Persino la consegna del cibo a domicilio, un’attività antica quanto l’uomo, si trasforma completamente con le prime compagnie di food delivery globali: Deliveroo nel 2013, Glovo nel 2015. Continuiamo, in altri ambiti. Del 2008 è l’invenzione della Blockchain, e la prima criptovaluta (che ne costituisce il principale effetto), il Bitcoin, è del 2009. Il computer quantico, che dovrebbe farci fare un salto interstellare nella rapidità e complessità di calcolo, è del 2019. Con le implicazioni che conseguono. Anche qui basta un elenco casuale di parole spesso nuove, per comprendere l’entità del cambiamento in cui siamo immersi: intelligenza artificiale, 3D, esoscheletri e protesi tecnologiche al corpo, realtà virtuale, riconoscimento facciale, internet delle cose, crowdfunding, cloud, touchscreen, e le rispettive applicazioni, dalla mobilità all’energia, dalla ricerca spaziale alla medicina. La durata media della vita viaggia verso l’indefinitezza (ha già superato abbondantemente i novant’anni per chi nasce quest’anno), allontanando progressivamente la morte – il tutto, naturalmente, solo per le società ricche, e al loro interno per le fasce più ricche di popolazione. Ma pensiamo a fenomeni trasformativi puramente sociali: il riconoscimento dei matrimoni omosessuali (il primo paese a farlo è stato l’Olanda nel 2001) e dell’eutanasia (sempre in Olanda nel 2002), i passi da gigante nella parità di genere a tutti i livelli, le trasformazioni stesse dell’idea di famiglia, la progressiva fluidità di identificazioni – come quelle di genere – una volta percepite come univoche, la separazione dell’idea di fecondazione da quella di corpo e natura.
È cambiato tutto, in poco tempo. E si sono costruite le premesse per cui tutto possa cambiare ancora di più, sempre più rapidamente. Abbiamo persino acquisito una meta-abitudine al cambiamento, che è il contrario di quanto avvenuto fino ad ora, nelle ‘epoche lente’, in cui l’evoluzione anche tecnologica era rallentata e controllabile. Con il risultato che oggi persino la trasmissione di conoscenze e il processo di socializzazione passano sempre meno di generazione in generazione, dai padri ai figli e dalle madri alle figlie, attraverso l’imitazione, e sempre più sono il prodotto del confronto tra pari, o provengono da altre agenzie di socializzazione, esterne ai legami primari e lontane da esse.
Certo, non tutto il mondo cambia allo stesso modo, alla stessa velocità, e con le stesse opportunità (anzi, le diseguaglianze si stanno approfondendo: tra stati, e interne agli stati – di fatto, anche tra individui e imprese). E tutto questo ci coinvolge come utenti e come spettatori, ma solo in minima parte il nostro piccolo pezzo di mondo è parte attiva di questo processo. Nondimeno le conseguenze dei processi globali sono comunque locali, anche in quelle che credevamo le nostre radicate specificità culturali: per dire, il ruolo della chiesa nell’orientare i valori e il comportamento delle persone (di fatto, ormai residuale, o comunque in condominio con molte altre agenzie valoriali), le trasformazioni della famiglia (ormai non più stabile, indefinita nei suoi confini, ridotta in dimensioni al punto che la metà dei nuclei familiari è composta da una persona sola), la presentificazione degli orizzonti (con la perdita del collante sociale e dell’impegno politico, ma anche della propensione al risparmio, che qui era un valore radicato), le traiettorie lavorative, i comportamenti sessuali, la maggiore mobilità, ecc.
Viviamo nell’epoca della scelta, della riflessività radicale, dell’opportunità, anche: tutto può sempre essere diverso da come è, in potenza, sempre meno cose provengono dal passato e dalla tradizione, ogni percorso è autonomamente progettabile, non lineare e reversibile. In questi processi ci siamo immersi, e ci trasformano, anche quando non ne siamo parte attiva. Naturalmente, la sfida vera che abbiamo di fronte è tra il subirli, l’indirizzarli e il produrli. Vale per tutti: famiglia, impresa, sistema dell’istruzione, politica, sociale. E per tutto.
Negli ultimi decenni è nato il mondo nuovo, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, inserto speciale ‘Corriere del Veneto – 20 anni’, p. 5