Berlusconia, fine impero a colpi di coda

Comunque vada a finire il 14 dicembre, che venga o meno votata la fiducia al governo Berlusconi, sul piano delle tendenze di fondo non cambierà nulla. Quel voto sancirà simbolicamente, in ogni caso, una cosa sola: la fine dell’impero. Un’epoca della storia italiana, per molti versi un’epopea personale, che nel bene e nel male ha segnato a tal punto questo Paese da non lasciare alcun dubbio sul fatto che il periodo dal ’94 (la famosa ‘discesa in campo’) ad oggi sarà ricordato come l’era berlusconiana, è all’inizio della sua fine.

Questa constatazione non toglie nulla alla tragedia di questi tempi inquieti. I periodi di fine impero sono sempre forieri di imprevedibili colpi di coda. Non sappiamo dunque ancora come avverrà. Quello che sappiamo è che la fine è ormai segnata, ma che potrà trattarsi di una morte subitanea o di una lunga devastante agonia. Potrà essere un Giulio Cesare assassinato da una congiura di senatori, pugnalato dall’abbraccio a tradimento dell’amico Bruto con l’aiuto di altri congiurati, o un Caligola che per estrema derisione delle istituzioni nomini senatore il suo cavallo. Potrà essere un Nerone che incendierà Roma distruggendola come cosa sua e per suo puro divertimento, o uno zar Nicola II dominato da un qualche subdolo Rasputin, per finire travolto dalla rivoluzione incombente. Potrà essere un Napoleone condannato ad un mesto esilio a Sant’Elena, o un Mussolini ignominiosamente impiccato a piazzale Loreto. Un Ludwig che si spegne lentamente nello sperpero, nel delirio e nella follia, o un Bokassa patologicamente criminale e tuttavia ancora circondato da una corte servile. Un Saddam Hussein mostrato impietosamente alle telecamere nel giorno della sua sconfitta finale, o un Idi Amin Dada crudele e assassino che finisce tranquillamente la sua vita in un dorato esilio saudita. Potrà essere infine un periodo di violenze personali all’interno della famiglia regnante, fitto di eventi traumatici incapaci tuttavia di interrompere una decadenza ormai avviata, e concluso con un fulmineo colpo di scena finale, come in tante tragedie di Shakespeare. O, come spesso accaduto nella storia, un prosaico periodo di assalto alla diligenza, di appropriazione indebita e di spoliazione delle ultime ricchezze pubbliche, di sordide pratiche clientelari, di cortigiani della peggior specie alla ricerca contemporaneamente degli ultimi favori del sovrano e delle possibili legittimazioni di fronte a un futuro potere inesorabilmente in arrivo: quei lunghi periodi di transizione in cui il peggio dell’essere umano emerge e si fa legge.

Qualunque cosa accada, siamo alla fine: forse “le comiche finali”, come preconizzava Fini qualche tempo fa; o forse invece la tragedia di un Paese su cui non c’è nulla, ma proprio nulla da ridere. Ci sarà tempo per i bilanci più pacati, per le condanne ideologiche o per le riabilitazioni revisioniste, per i rimpianti dei beneficiati e dei cortigiani e per la rabbia impotente di tutti gli altri. Quello che speriamo, per questo martoriato Paese, moralmente umiliato e materialmente impoverito all’interno e ridicolizzato all’estero, è che la fine sia la più breve possibile, e che il nuovo sistema politico e il nuovo edificio istituzionale, speriamo non il nuovo ‘uomo della Provvidenza’, quale che sia, emerga presto. Solo così, solo da allora, questo Paese potrà cominciare a rinascere davvero.

Stefano Allievi

Allievi S. (2010), Berlusconia, fine impero a colpi di coda, in “Il Mattino”, 12 dicembre 2010, pp. 1-7 (anche “La Nuova di Venezia”)

anche come Allievi S. (2010), Il cavaliere all’ultimo atto. Comunque vada, la fine è iniziata, in “Il Piccolo”, 14 dicembre 2010, pp. 1-2 (anche messaggero veneto L’era di Silvo. All’inizio della fine, pp.1-2)