Ma esiste davvero la famiglia naturale? La sentenza della Corte sul riconoscimento della madre intenzionale

Non c’è niente di più culturale della definizione di natura. È per questo che suonano fuori luogo le proteste di chi dice che è contro natura riconoscere la madre intenzionale alla pari della madre biologica, nei matrimoni tra due donne – e ciò nel preminente interesse del bambino. Capiamo il dubbio, la fatica di adeguarsi a una mutata realtà: la nuova interpretazione contrasta con tanti anni di pratica sociale e culturale. Non il rifiuto di principio.

Del resto, cosa c’è di naturale nel matrimonio? Se fosse naturale, perché avrebbe così tante e diverse forme, e anche decisori? (più spesso di quello che crediamo non sono i – soli – diretti interessati, a scegliere). E cosa c’è di naturale nella monogamia? Le specie animali che la praticano sono rare tra i mammiferi, e perfino tra gli uccelli si limita a una o più stagioni riproduttive. Per non parlare della genitorialità, come sanno benissimo i genitori adottivi, le coppie ricostituite a seguito di divorzio o vedovanza, ma anche le coppie senza figli. Per non parlare, infine, della famiglia nucleare: e della forma delle coppie, oggi anche omogenitoriali, e in futuro chissà, magari plurime.

La famiglia nucleare stabile come oggi è pensata (genitori e loro figli) non solo non è naturale (non si sarebbe modificata nel tempo, se lo fosse), ma non è nemmeno più maggioritaria: la maggior parte dei matrimoni, statisticamente, finisce in divorzio, a seguito del quale ci sono tante soluzioni possibili quanta è la fantasia dei diretti interessati, anche rispetto alla gestione della prole. Per non parlare del fatto che, da che mondo e mondo, molti sono riconosciuti figli di chi non è loro genitore, e molti padri, in special modo, si credono genitori di quelli che non sono loro figli biologici. Insomma, la definizione di natura c’entra poco, e l’anagrafe ancora meno, dato che non sa (e per fortuna non può sapere) ciò che si sperimenta davvero nella realtà (cioè, nella nostra natura): si accontenta di dichiarazioni.

Grazie, allora, alla consulta, che ha riconosciuto questa evidenza. Che la politica non ha voluto riconoscere (come accade un po’ per tutti i temi bioetici) semplicemente perché non ha alcun coraggio e alcuna contezza della realtà, e palesemente nemmeno voglia di occuparsene, per cui in troppi casi va avanti per inerzie ideologiche e pregiudizi moralistici ma amorali.

Riconoscere come mamme entrambe le madri di una coppia, e aspettiamo lo stesso per i padri, non è che un’ovvietà che va incontro al complessificarsi della realtà: che sempre più spesso ci metterà di fronte a modelli di famiglia diversificati (si pensi ai genitori che si scoprono transgender dopo aver già partorito o cresciuto dei figli), e anche sempre più instabili, nella misura in cui aumenta (e aumenta inesorabilmente) la mobilità sociale e culturale, quella geografica (che non necessariamente implica che si debba spostare tutta la famiglia), e anche, banalmente, la durata della vita. Possiamo davvero immaginare che la coppia monogamica possa non subire modificazioni – e, lo diciamo con affettuosa ironia, risultare sopportabile – a seguito di una durata media della vita già oggi doppia rispetto a un secolo fa, e che potrebbe ulteriormente raddoppiare entro i prossimi cinquant’anni? Non produrrà, anche questo, una nuova conformazione delle relazioni affettive, nelle diverse fasi della vita?

Certo, questa instabilità e variabilità a molti fa paura, legittimamente. Ma non è che la conseguenza sul piano familiare di quanto sta accadendo nel mondo del lavoro, nell’aumentata mobilità geografica, persino nel mutamento religioso e a maggior ragione in quello della cultura, delle idee, dei valori: in cui cambiare opinione e comportamenti, anche a seguito dell’innovazione tecnologica (la stessa che rende oggi pensabili e possibili modi di pensare, di fare e pure di riprodursi in passato tecnicamente impossibili) è diventata più la norma che l’eccezione.

 

I nuovi modelli di famiglia, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 24 maggio 2025, editoriale, pp. 1-3