Che cosa c’è dietro le risa dell’Europa (Sarkozy-Merkel)
Vale la pena di vederlo, il video in cui Sarkozy e la Merkel rispondono alla domanda sull’affidabilità dell’Italia. Non c’è solo il sarcasmo e l’arroganza del presidente francese, e la più contenuta ironia della cancelliera tedesca. In quei sorrisi non celati, e nelle risate più crasse dei giornalisti presenti in sala stampa, in conclusione di un vertice europeo cui pure l’Italia aveva partecipato, c’è l’immagine di una tragedia italiana. Una tragedia italiana, sottolineiamo, non solo una tragedia nazionale, per l’immagine dell’Italia nel mondo in quanto stato-nazione: rispettato o, come in questo caso, irriso.
Il fatto è che da sempre la storia italiana è una storia in cui il potere straniero, in questo caso l’Europa, è sì dominante e paternalista, ma anche occasione di riscatto. Andando a ritroso lo vediamo con chiarezza, quanto l’esistenza dell’Europa sia stata per l’Italia occasione e in certa misura scusa positiva per i propri scatti di modernizzazione. Non ci sono solo i tre giorni di tempo (tre giorni!) dati oggi all’Italia per mandare i segnali di rigore e di riforma strutturale che l’Europa ci chiede per finanziare il nostro deficit e, auspicabilmente, la nostra ripresa: anticipati di poco dalla lettera con cui la BCE, nella persona dell’italianissimo Mario Draghi, ci metteva, come lo stesso Berlusconi ha ammesso, sotto tutela, dettandoci l’agenda delle cose da fare. Anche i precedenti governi di Prodi e Amato hanno trovato nell’Europa, nei vincoli da questa richiesti, l’occasione per i loro risultati migliori, come l’ingresso nell’area dell’euro. E qualunque imprenditore o attore sociale sa assai bene quanto il richiamo alle direttive europee – e spesso alle sanzioni che l’Europa ci commina per il loro mancato rispetto, anche quando vengono ratificate per tempo – sia stato e sia ancora una spinta potente alla modernizzazione del Paese. E’ così dall’origine, del resto: lo stesso De Gasperi sapeva quanto il nostro essere tra i Paesi promotori e fondatori delle primissime istituzioni europee sarebbe stato determinante per lo sviluppo dell’Italia, e premessa alla sua crescita anche economica, nonostante l’arretratezza istituzionale che allora come oggi ci penalizzava: una sponda indispensabile nell’incapacità di farcela da soli, di superare i propri ostacoli interni, le proprie inerzie, i propri atavismi.
Quella odierna è tuttavia un’umiliazione che fa male. Chiunque di noi si trovi a frequentare consessi internazionali di qualunque tipo (economici, finanziari, scientifici, professionali), o si incontri qui con interlocutori di altri Paesi, ha sperimentato l’acuta sofferenza con cui ci si trova ad affrontare l’inevitabile conversazione sulla situazione italiana. E spesso ha praticato l’arte dell’anticipazione dell’argomentazione altrui, e dell’ironia preventiva, per risparmiarsi il sarcasmo pesante o, nei casi migliori, l’incredulità attonita dei propri interlocutori. Il fatto è che si tratta spesso di consessi di eccellenza, in cui gli italiani sono presenti in gran numero, ma rappresentati da un’immagine della vita politica e istituzionale men che mediocre. Questa condanna a essere i rappresentanti migliori dell’Italia peggiore gli italiani la conoscono bene. Il semplice fatto che questi italiani esistano è la prova che l’immagine di chi rappresenta il Paese non ne è lo specchio fedele, nonostante quanto spesso si dice su questo presunto rispecchiamento. Il fatto, ad esempio, che frotte di italiani continuino a fare carriera all’estero, dopo non esserci riusciti in Italia, ma a seguito di una formazione dopo tutto ottenuta proprio in questo Paese, è segno che qualcosa o molto funziona, o funzionerebbe; ma il fatto che siano costretti ad andare all’estero per veder riconosciuti i propri talenti (che non sono solo individuali: sono anche frutto di sottosistemi efficienti) è la prova provata del disfunzionamento più complessivo del sistema-Paese.
Certo, Berlusconi ci ha messo molto del suo per rovinare la nostra immagine all’estero: con le sue prodezze nella vita privata, ma anche per il suo comportamento pubblico, incluso, in particolare, proprio ai vertici europei e internazionali, dove la sua presenza ha spesso prodotto divertito imbarazzo nei casi migliori, e sciagurate figure in quelli peggiori. E già questo dovrebbe far riflettere seriamente i gruppi di interesse, anche internazionalizzati, che contano qualcosa nel nostro Paese: sulla loro inazione passata, se non altro. Ma farebbe un grave errore una certa opinione progressista e anti-berlusconiana, come ha spesso fatto in passato, a cavalcare la tigre delle reazioni internazionali, e a peggiorarne o a moltiplicarne l’effetto, come sbaglia oggi la destra ad attaccare con argomentazioni scioviniste lo sciovinismo francese. Il danno, in ogni caso, è di tutti.
Stefano Allievi
Allievi S. (2011), Che cosa c’è dietro le risa dell’Europa (Sarkozy-Merkel), in “Il Mattino”, 25 ottobre 2011, pp. 1-4 (anche “Il Piccolo”, “Nuova Venezia”, “La Tribuna di Treviso”, “Messaggero Veneto”)