I conti della Lega e la democrazia

La vicenda del sequestro dei conti della Lega ha del paradossale. I reati contestati sono gravi: dall’appropriazione indebita alla truffa aggravata ai danni dello Stato (si tratta di soldi pubblici, derivati dai rimborsi elettorali, non di proprietà del partito), alla cui origine ci sono le malversazioni del tesoriere Belsito, e l’uso disinvolto a fini personali di quello stesso pubblico denaro da parte della famiglia Bossi. Ma il sequestro dei conti anche delle incolpevoli federazioni locali della Lega disposto dal Tribunale di Genova suona – alle orecchie di chi non è un tecnico del diritto – come un’azione sproporzionata.
Ovvio che chi ha amministrato la Lega va punito, se possibile – rimanendo nell’alveo di un doveroso garantismo, poco praticato da troppe inchieste che coinvolgono la politica – in maniera esemplare. Ma in nome del principio fondamentale per cui la responsabilità penale è personale (ma quella patrimoniale no, e a Salvini andrebbe ricordato), impedire di fatto l’attività politica di un partito, sequestrandone i conti, appare decisione eccessiva e incauta. Capita spesso anche alle imprese, di essere colpite da provvedimenti afflittivi a seguito dell’applicazione formalistica e dogmatica delle normative, senza tener conto che possono provocare conseguenze letteralmente fallimentari: ma questo dovrebbe semmai far riflettere sull’irresponsabilità di alcuni magistrati o di alcune sentenze, più che sull’estendibilità della pratica anche ai partiti politici. Il tema è restringere, non allargare.
Certo, possiamo ironizzare sulla parabola di un partito che inneggiando contro Roma ladrona ha finito per rubare soldi di Roma (cioè di tutti) a fini propri e personali: pagandone peraltro il giusto prezzo in termini di reputazione. Ma impedirne di fatto l’attività (con la risibile argomentazione che tanto, “se la sentenza di condanna di primo grado dovesse essere ribaltata in appello o in Cassazione i soldi verranno restituiti”: già, ma intanto non può svolgere la propria attività fino ad allora…) appare di una gravità assoluta e di una irresponsabilità inaudita. Anche perché c’è un interesse pubblico preminente al libero esercizio dell’attività politica e all’espletarsi delle garanzie democratiche (che è stato in passato richiamato da diverse sentenze), che così sarebbe fortemente menomato.
Purtroppo abbiamo molti precedenti di partigianeria, rispetto alle invasioni di campo della magistratura. Avvenne ai tempi di Mani Pulite, quando si plaudiva all’arresto degli avversari politici, senza andare troppo per il sottile. Avvenne ai tempi dell’indubitabile accanimento giudiziario nei confronti di Silvio Berlusconi, cominciato ai tempi di Tangentopoli con l’avviso di garanzia recapitato mentre presiedeva una conferenza internazionale a Napoli, davanti alla stampa di tutto il mondo (con effetto scenografico voluto, e che voleva precisamente mostrare l’impero della magistratura – non quello della legge – sulla politica). Avvenne con Del Turco e con Penati. E sta avvenendo ancora, con l’inchiesta Consip. Ma forse è giunto il momento di abbandonare le simpatie politiche e gli interessi di partito e dire, coralmente, basta. Sull’invasività e le conseguenze nefaste del metodo usato da una parte della magistratura, rimbalzate tardivamente su chi l’aveva promosso, ha fatto autocritica proprio in questi giorni lo stesso Antonio Di Pietro, e se ne è riparlato per l’assoluzione di Mastella (ricordiamo che l’avviso di garanzia ricevuto – a posteriori possiamo dire: per niente – mentre era ministro della giustizia portò alla caduta del governo Prodi). Magari è il caso di rifletterci.
Prendere le parti della Lega non significa nascondere l’inadeguatezza e l’incompetenza di una classe dirigente, peraltro – nelle persone indagate – già sostituita. E le reazioni scomposte di Salvini, che accusa fantomatiche toghe rosse di un’azione che ha tutt’altre ragioni, non aiutano a calamitare simpatia. Ma la questione di principio c’è tutta: e non si può non sollevarla. In nome della democrazia, che è bene di tutti.
Lega senza fondi, non è democrazia, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 17 settembre 2017, editoriale, p. 1