E se non avessimo più proprietà? Se non possedessimo più le case?
Senza proprietà
di Stefano Allievi. Professore di Sociologia presso l’Università degli studi di Padova.
Difficile pensare un mondo senza più proprietà, soprattutto in Italia, dove ad esempio – potendo scegliere – la percentuale di chi decide di acquistare una casa invece di vivere in affitto è ancora molto alta. Ma come sarebbe il mondo se…
Potremmo diventare una società senza beni immobili di proprietà individuale. Una società leggera, fluida, liquida: con più navi in movimento che porti dove volersi ancorare. Sembra strano a dirlo: in Italia, in particolare. Dove le case di proprietà sono il 72,3% del totale (la percentuale è alta anche per le seconde case: oltre il 15% degli italiani ne ha una; in Olanda e in Germania sono poco più del 5%, per dire).
Pochi paesi hanno percentuali di proprietà delle prime case più alte delle nostre: dalla Spagna (il 77,8%) alla Norvegia (82,7%). La maggior parte ne ha meno: la Francia il 64,9%, il Regno Unito il 63,4%, la Germania il 51,7% – la metà del totale. Ma soprattutto, la tendenza, ovunque, è verso il calo: sempre più si predilige l’affitto, soprattutto tra i giovani.
Paradossalmente, è tra gli immigrati che si riscontra, in molte città europee, una percentuale di case in proprietà superiore a quella degli autoctoni: ma è perché loro hanno molte più difficoltà a trovare case in affitto – una delle molte forme di discriminazione che subiscono. Assistiamo dunque a un fenomeno imprevisto.
La casa di proprietà non è più uno status symbol, e nemmeno una necessità economica. E la cosa non è senza conseguenze pratiche: che ce ne andiamo o meno, il fatto di metterlo in conto ci fa pensare alla casa meno come un fine e più come un mezzo.
E quindi meno come un deposito in cui sta il nostro passato, e più come la cabina di una nave o un appartamento affittato per le vacanze, dove abita solo il nostro presente: e che bisogna essere pronti a lasciare portandosi via solo l’essenziale. Cosa che, grazie alla tecnologia, è diventata più semplice: per molti di noi, le cose a cui teniamo veramente, anche in termini di ricordi, si sono smaterializzate – dalle nostre foto alla nostra musica, dai nostri libri al nostro lavoro, fino alle nostre esperienze relazionali, tutto sta nel nostro computer o, attraverso i cloud, la mail e i social, addirittura in un computer qualsiasi, con cui collegarci alle nostre abituali realtà di riferimento. E spesso portare con noi il nostro laptop, o al limite anche solo il nostro cellulare, è tutto quello che ci serve veramente per tenere in piedi la nostra vita e i nostri rapporti, anche di amicizia – essi pure deterritorializzati.
Praticamente, un ideale filosofico, e anche religioso, praticato in passato da pochi, che si democratizza, diventando esperienza di massa: praticata non per una scelta ascetica, ma al contrario di benessere personale, di leggerezza – non solo materiale.
Risultato: il mattone costa sempre molto, specie in città, ma vale meno, nelle nostre vite. Non è più il “bene rifugio” per definizione. In fondo ce ne è più del necessario. La popolazione cala, le case disponibili aumentano di numero: molti le hanno ma non ci abitano e non le usano, o solo in alcuni periodi dell’anno. E l’aumentata mobilità (per studio e lavoro, ma anche solo per piacere), spesso a tempo determinato, ci spinge a non cercare più un radicamento: nemmeno come “abito mentale”.
La fragilità dei rapporti familiari (la metà dei matrimoni finisce in divorzi, che a loro volta producono famiglie ricostituite altrove) è un ulteriore fattore di mobilità: le radici sono sempre più provvisorie – semmai dovremmo parlare di modalità di radicamento temporaneo, un ossimoro di per sé interessante.
In mezzo ci saranno agenzie che saranno proprietarie di molte case, e le gestiranno, o ci aiuteranno a farlo, come già succede nelle forme sempre più diffuse di affitto temporaneo – tipo Airbnb, per capirci. Mentre alcuni di noi torneranno nomadi, come all’origine dell’uomo: proprietari al massimo di una tenda, con pochi beni trasportabili di contorno – un tappeto, una teiera… – e il resto sarà affidato alle nostre protesi tecnologiche.
[pubblicato su Confronti 03/2019]