Europa snobbata dall’Italia
Manca poco ormai alla presentazione ufficiale delle candidature per le elezioni europee, e possiamo già trarre qualche non edificante lezione.
Due i problemi. I candidati paracadutati dall’alto, non espressione del territorio. E la loro incompetenza specifica.
Ancora una volta, in entrambi gli schieramenti, nonostante le promesse in senso contrario, si indicano capilista e candidati che non sono né designati dai partiti locali (ma qualcuno si ricorda delle primarie?) né conosciuti localmente e quindi non rappresentativi.
Ma il secondo problema è ancora più grave. Si continua ad usare il parlamento europeo come una discarica. Con falsi candidati: lo specchietto per le allodole di Berlusconi, già usato anche in Sardegna (una vera e propria frode elettorale di cui sarebbe arduo trovare paralleli nei paesi evoluti), che servirà poi per far passare fedeli e portaborse graditi al capo (ma lo stesso faranno Di Pietro, Casini, Bossi e tutti quelli di cui si sa già che opteranno per rimanere in Italia, sindaci democratici o leghisti inclusi, defraudando gli elettori della possibilità di una scelta reale). Con politici in prepensionamento o impopolari in loco, come nel caso di Cofferati. Con la solita girandola di mezzibusti, nani e ballerine.
Non un partito che ci dica che idea di Europa ha, come la vuole trasformare; non un candidato che ci dica che cosa ci andrà a fare lui, in Europa.
Si è tanto discusso di dove andare a collocarsi, in quale gruppo politico entrare (il Pd ha vissuto un dibattito molto politichese, tutto etichette e zero contenuto, su questo; il Pdl ha meno problemi, essendo uso obbedir tacendo), e neanche un po’ sul perché, per fare cosa.
Il problema è che l’Europa è cruciale. Gran parte della nostra legislazione (pensiamo a temi come l’economia, ancora di più l’ambiente, e per altri versi i diritti e le garanzie) è influenzata quando non decisa da quella europea. E noi viviamo il paradosso di essere uno dei paesi più euroentusiasti, almeno a parole (lo dicono i sondaggi Eurostat e i tassi di partecipazione alle elezioni europee, nonché le approvazioni plebiscitarie in parlamento dei trattati di adesione che altrove venivano bocciati dall’elettorato), e uno di quelli più sanzionati per mancata applicazione delle direttive comunitarie, e penalizzati dall’incapacità di usarne i fondi e le risorse (dai fondi strutturali agli innumerevoli progetti di cooperazione).
Occorrono candidati competenti, che conoscano l’Europa e il proprio territorio, per metterli in sinergia, come fanno altri paesi. La sfida dell’internazionalizzazione si gioca, e molto, a Bruxelles. E servono persone che ci lavoreranno davvero, per poter incidere sulla legislazione europea anziché limitarsi a subirla, non candidati di bandiera che prenderanno lo stipendio per poi occuparsi delle proprie carriere in Italia. La concorrenza, anche a livello europeo, è ormai brutale. Sarebbe ora di occuparsene. E presentarsi, per una volta, come classe dirigente anziché come casta.
Stefano Allievi
“Il Mattino”, 18 aprile 2009, p. 1-5