Fecondazione e immigrazione

La notizia è minore: ma ci dice più di quello che immaginiamo sui cambiamenti sociali e culturali in corso. La Regione Veneto ha deciso di premiare in denaro i direttori generali delle aziende sanitarie che promuoveranno la procreazione medicalmente assistita. Al di là del fatto opinabile che il modo migliore di arrivare al risultato sia premiare i manager, vale la pena riflettere sulla logica che sta dietro a questa decisione.

La motivazione dell’iniziativa è quella, di fronte al crollo demografico, di incentivare le nascite. Va benissimo, anche se sarebbe bastata quella, pure ammessa, che le liste di attesa, in Veneto (a differenza che nelle regioni limitrofe), sono inaccettabilmente lunghe, per chi ha bisogno di ricorrere a questa pratica non potendo avere figli in altro modo: anche più di un anno solo per la prima visita, quando si tratta di persone il cui orologio biologico è inesorabile (normalmente è una decisione che si prende quando altri tentativi non sono andati a buon fine, e quindi spesso intorno ai quarant’anni). Ci si augura che la pratica sia aperta a tutti coloro che vogliono usufruirne, e non solo a un tipo particolare di coppie o di famiglie: siamo tutti uguali davanti ai diritti, o così dovrebbe essere.

L’aspetto curioso della notizia è tuttavia un altro: l’incentivo vale sia per la fecondazione omologa (con patrimonio genetico proveniente dall’interno della coppia) che eterologa (che riguarda circa un terzo delle domande complessive). Ma per la seconda non ci sono in Italia abbastanza donatori e donatrici, per cui, oltre a lanciare un bando europeo, un’azienda ospedaliera si è già attivata per acquistare i gameti maschili e femminili necessari da biobanche estere. Aprendo una nuova inconsapevole forma di immigrazione legale. Quando serve, come accade anche con la manodopera straniera, i distinguo e gli slogan strumentali (“prima gli italiani”) si sciolgono come neve al sole, ed è una buona notizia: che apre alla speranza che non vengano più sollevati nemmeno in altri ambiti.

Se l’obiettivo è attivare delle politiche nataliste, tuttavia, varrebbe la pena cogliere l’occasione per allargare il campo. Gli investimenti principali sono infatti da attivare in altri settori. A cominciare da un serio investimento in asili nido e in scuole per l’infanzia, visto che i posti a disposizione negli asili, secondo l’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica, vedono il Veneto al nono posto tra le regioni italiane, mentre per la sola offerta pubblica ci colloca addirittura al penultimo posto in Italia, davanti alla Calabria. Aggiungeremmo una significativa politica di messa a disposizione di alloggi popolari che manca (in tutta Italia) ormai da decenni. Consentire alle giovani coppie residenti in regione di accedere a un mutuo o di pagare un affitto a prezzi non di mercato, e di poter mettere i figli in strutture adeguate in modo da consentire a entrambi i coniugi di lavorare, avrebbe un impatto sulla natalità certo largamente superiore rispetto al provvedimento simbolico sulla fecondazione. Ma presuppone una discussione pubblica approfondita, l’individuazione di priorità adeguate alla bisogna, e investimenti conseguenti: in una parola, una politica capace di visione.

Poi, se il timore, sulla base dei dati del rapporto statistico regionale, è che la popolazione veneta cali da 5 a 4 milioni di persone da qui al 2050, va benissimo – è un tassello indispensabile – lavorare sulla natalità. Ma nel frattempo – visto che delle politiche nataliste serie, quand’anche venissero effettivamente adottate, avrebbero effetto sul mercato del lavoro per l’appunto intorno al 2050 – occorre tamponare le derive del presente. E magari, se non è tabù l’importazione di gameti di provenienza estera, cominciare a fare qualche ragionamento serio sulle persone di origine straniera già presenti o che potremmo far arrivare da oltre confine, integrandole bene, spendendo il necessario. Anche questa è una politica. Come tutte le politiche ha un costo, vantaggi e svantaggi. Ma per avere effetto deve essere adottata esplicitamente.

 

Tutti uguali, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 12 luglio 2023, editoriale, p.1