Terremoto e migrazioni: il nesso che non si vede (ma c’è)

Il devastante terremoto in Siria e Turchia avrà conseguenze di medio periodo anche inaspettate, che non riguardano lo sciame sismico e il movimento delle placche tettoniche, ma lo sciamare delle persone da un luogo all’altro e la mobilità umana. E curiosamente coinvolge due paesi che nel recente passato hanno svolto, su questo tema, un ruolo opposto.

La Siria, ha visto andarsene milioni di suoi concittadini, esausti da decenni di guerre, dittatura, violenze, terrorismo di stato e dello Stato Islamico, oltre a ordinaria fame e disoccupazione, che hanno trasformato il paese in una specie di buco nero della storia. Molti siriani sono stati protagonisti dell’esodo di migranti forzati nei Balcani del 2015, una specie di epica minore, priva tuttavia di un Omero che la celebri, che molti esuli conoscono bene ma che noi nemmeno immaginiamo: e che in quell’occasione, dopo il ritrovamento su una spiaggia turca del cadavere in maglietta rossa del piccolo Aylan Kurdi e le immagini di milioni di disperati in cammino attraverso le frontiere della ex-Jugoslavia, portò all’inaspettata apertura di Angela Merkel, che fece entrare in Germania un milione e mezzo di rifugiati in poco più di un anno. Facendo il bene loro e del paese che li ha accolti, dando a una nazione allora con il peggior bilancio demografico d’Europa, insieme all’Italia, nuove braccia e nuova linfa vitale di cui ha beneficiato (lasciando l’Italia da sola in quell’incomoda posizione). La Turchia, invece, è il paese che noi europei stiamo finanziando perché li blocchi, i migranti, facendo per così dire da tappo nei confronti dell’Asia, e se li tenga al posto nostro: a pagamento, e regalandole un’arma di ricatto, una vera e propria arma di migrazione di massa, a cui il governo turco lascia occasionalmente sparare qualche colpo (lasciando partire qualche barcone), quando è il momento di ricordare all’Europa di staccare un nuovo assegno.

Il terremoto avrà conseguenze anche sulle migrazioni che coinvolgono questi paesi. I siriani che vogliono andarsene aumenteranno ancora massicciamente di numero. Ma aumenteranno anche i turchi (e i migranti transitoriamente ospitati in Turchia) che vogliono fare la stessa cosa, mentre la Turchia come paese avrà bisogno di risorse per la propria ricostruzione, e quindi le sue pressioni si faranno più esigenti. C’è da sperare, anche se è difficile arricchire la speranza di altrettanta convinzione (i segnali scarseggiano) che qualche lezione, dal 2015, sia stata appresa (da altri paesi europei, Germania in primo luogo, probabilmente sì: dall’Italia, purtroppo, dubitiamo, ma non di meno ci sembra necessario segnalarlo). E che quindi all’aiuto umanitario si affianchi un’intelligente, e vantaggiosa per tutti, politica delle migrazioni (che poi è essa stessa un aiuto umanitario in altra forma), che si proietti sui prossimi anni anziché limitarsi ai pochi giorni dell’emotività: o che almeno si abbozzi un ragionamento su qualcosa che, pianificato o meno, in ogni caso succederà. Sarebbe l’occasione di trasformare una disgrazia in un’opportunità, anche di riflessione, per governi e cittadini: per arrivare a un ripensamento delle nostre politiche migratorie, o per meglio dire della mancanza delle stesse, che oggi ci affligge, e ci rende miopi – al limite della cecità.

 

Lo sciame sismico e i migranti, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 9 febbraio 2023, editoriale, p. 1