Cosa c’è di emergenziale nell’emergenza migranti?
La cosiddetta “emergenza migranti” in Veneto ri-alimenta purtroppo i problemi di sempre, senza aumentare di un pollice la nostra comprensione del problema, e senza quindi avvicinarci nemmeno per sbaglio a una soluzione. La stessa esistenza di questa presunta emergenza dimostra la totale inconsapevolezza e dunque incapacità della politica a comprendere le ragioni di quello che definiamo problema, e che è innanzitutto un fatto, con cui dovremmo confrontarci ordinariamente, e non in una logica perennemente emergenziale (non è più tale un qualcosa che si ripete identico da un paio di decenni).
Cominciamo dai dati. Gli sbarchi sono ripresi in maniera significativa (a margine: gli sbarchi sono ciò di cui la politica e i media parlano, ma sono lungi dal rappresentare la totalità degli arrivi): a dimostrazione del fatto che non conta e non cambia nulla chi è al governo – conta quello che si fa e soprattutto non si fa. Sarebbe stato stupefacente il contrario, peraltro, dopo il fermo della mobilità umana, a tutti i livelli, nel periodo Covid (anche le emigrazioni, per capirci, sono ricominciate in maniera massiccia). Oggi in Veneto ci sono poco più di seimila persone nella rete di ospitalità regionale, e si parla di emergenza. Poiché il Veneto rappresenta un decimo del PIL e della popolazione italiana, vorrebbe dire che l’Italia, un grande paese di sessanta milioni di abitanti che si picca di essere una grande potenza industriale e politica, non sarebbe in grado di ospitare sessantamila persone di cui sta esaminando i documenti (in realtà sono molte di più, ma suddivise in maniera sperequata tra le regioni, e il Veneto è tra quelle avvantaggiate). Magra figura, rispetto ai paesi con cui ci compariamo abitualmente. Solo nel 2021 in Europa sono state presentate oltre seicentotrentamila richieste di asilo, un quarto delle quali in Germania, un decimo in Francia, e più che da noi anche in Spagna. Ma stiamo parlando di cifre assolute: in percentuale sulla loro popolazione, moltissimi paesi ne hanno molte più di noi (e noi precipitiamo al quindicesimo posto in Europa).
Peraltro il Veneto ha contrattato di ricevere solo il 6% del totale dei richiedenti asilo ospitati nelle strutture gestite dal pubblico, in Italia: praticamente, in percentuale, la metà delle sue potenzialità (che dovrebbero corrispondere alle sue responsabilità), e pure, all’ingrosso, la metà della percentuale di migranti che ci vivono e la metà della percentuale di PIL che producono in regione.
Per giunta, l’Italia per l’accoglienza dei richiedenti asilo va al risparmio. Le cifre pagate dallo stato (molto inferiori agli investimenti di altri paesi) sono insufficienti per una decente ospitalità: figuriamoci per attivare politiche di integrazione (insegnamento di lingua e cultura, formazione professionale, orientamento al lavoro). Ma il costo della non integrazione è di molto superiore. Come per l’istruzione, se pensi che sia costosa, prova l’ignoranza…
Come si può notare, siamo di nuovo a parlare dell’anello finale, l’accoglienza, senza un cenno a tutta la filiera che la precede, a cominciare dalle procedure di ingresso e dalla legislazione complessiva sulle migrazioni (oggi entrare legalmente in Italia e in Europa è praticamente impossibile: l’unico modo per farlo è farsi passare per richiedenti asilo anche quando non lo si è, ed ecco spiegati i numeri di richieste e pure gli sbarchi, con le implicazioni in termini di accoglienza, in un circolo vizioso di cui non possiamo lamentarci, perché l’abbiamo creato noi: semmai potremmo finalmente modificarlo, ma dalla politica non giungono segnali in tal senso).
Infine, il dato più clamoroso di tutti, con cui dovremmo confrontarci. Se consideriamo poco più di seimila persone in accoglienza un’emergenza, ci sarebbe un modo molto semplice per risolverla, svuotando i centri. Seimila persone è in grado di assorbirle, senza costi e aiuti pubblici, il mercato del lavoro di una sola delle province venete, in non più di ventiquattr’ore: gli imprenditori farebbero a gara. Se ciò non avviene, vuol dire che il problema, e l’emergenza, sta altrove: nella legislazione, nella burocrazia, nella totale incomprensione della posta in gioco demografica, economica e politica. Potremmo risolvere il problema a vantaggio di tutti in poco tempo. Se non lo si fa, guardiamoci in faccia, e domandiamoci il perché.
I migranti e la vera emergenza, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 15 gennaio 2023, editoriale, p.1