Le primarie di oggi e il destino del paese

E’ raro che le vicende interne di un partito possano appassionare, o lasciare intravedere segnali di cambiamento di interesse generale. Di solito si tratta di rituali stantii, spesso con un risultato già preordinato, non rilevanti per la vita del paese: che servono a sancire la geografia delle nomenclature, non certo a individuare direzioni di marcia alternative.

Le primarie del Partito Democratico, che si svolgeranno oggi, costituiscono una significativa eccezione. Paradossalmente, forse più all’esterno che all’interno del partito.

All’interno, dopo il voto tra gli iscritti, che ha sancito la vittoria per molti versi inaspettata di Matteo Renzi, l’alfiere della critica all’establishment, si è ormai accettato il nuovo corso. Con rassegnazione, per chi ha perso. Introiettando un senso di ineluttabilità del cambiamento che è stato sancito proprio dalla parte che si considerava più inossidabile e conservatrice: gli iscritti, e tra essi quelli di lungo corso e radicata militanza nei partiti precedenti, che il PD hanno fondato. Sono stati loro che hanno fatto la differenza, facendo vincere il candidato dell’innovazione, della rottamazione, dell’addio alla vecchia dirigenza, del ricambio generazionale e di metodo.

Adesso la partita si sposta all’esterno, tra i simpatizzanti e gli elettori. Che, con tutta probabilità, accentueranno il segnale e il desiderio di discontinuità con il passato. Certo, la partecipazione potrà ridursi: un po’ perché il risultato sembra scontato, un po’ perché gli elettori di centro-sinistra sono già stati delusi troppe volte nel loro desiderio di cambiamento, e un po’ perché si sa che si dovrà andare comunque in questa direzione, se si vuole uscire dall’immobilismo e dare una possibilità, se non una certezza, al paese.

Detto questo, non è solo l’elettorato del PD che guarda a queste primarie con la speranza di vedere un barlume di novità. La crisi economica che imprigiona il paese è lungi dall’essere risolta, o in via di risoluzione, pur con il lodevole impegno del governo Letta: un governo che, finora, sostenuto da una coalizione litigiosa e prigioniera delle proprie dinamiche interne, lontanissime dai problemi dei cittadini e delle imprese, si è caratterizzato più per le mezze misure – magari necessarie, ma deboli – e per i molti rinvii, che per le scelte nette e radicali. Il paese invece chiede queste. Le chiede rispetto alla situazione economica, ma anche e soprattutto alla politica, di cui vede il perdurante immobilismo, messo in questione solo grazie ai continui interventi esterni: dalla sentenza della corte costituzionale sulla legge elettorale, che costringe – si spera – a un’accelerazione della riforma; all’intervento della magistratura nel segnare il destino delle leadership di partito (si pensi a Berlusconi) e la caduta dei peggiori a seguito delle infinite inchieste a livello regionale e locale; fino ai moniti dell’Europa sulle politiche di bilancio ma anche sulla riforma della giustizia e la situazione delle carceri.

E’ da questo che si vuole uscire. Ed è per questo che in giro per l’Italia si guarda con favore a chi promette di produrre dinamismo all’interno della politica, in modo che questa possa svolgere finalmente il proprio ruolo, a cui si è sottratta da ormai troppi anni. C’è da sperare che questa attesa sia accompagnata dalla partecipazione popolare: dal voto alle primarie alla denuncia e alla costante pressione sul ceto politico (che del resto in questi anni non è mancata: è la politica che si è mostrata sorda oltre ogni limite). E da un parallelo cambiamento anche nelle logiche di selezione e di funzionamento delle classi dirigenti, a tutti i livelli: quella dell’immobilità, del corporativismo e della gerontocrazia non è una malattia della sola politica. Ha intaccato tutto: dalla pubblica amministrazione alle imprese, dai giornali alle banche, dal terzo settore alle chiese. In tutti questi campi non può bastare la spinta esterna della denuncia e della indignazione. Ci vuole una mobilitazione interna. Che la politica, per una volta, potrebbe aiutare: dentro e fuori i propri confini.